Il 21 marzo 1894 la prima locomotiva a vapore fece il suo ingresso nella stazione di Isernia. Probabilmente uno degli eventi più importanti della storia molisana, dall’Unità fino alla seconda guerra mondiale. Fu un momento di rottura con il passato e ancora oggi si commemora quel giorno. Centoventi anni fa Isernia e il Molise entrano a far parte della storia nazionale: Roma e Napoli non sono più città lontane e irraggiungibili; i molisani possono dirsi italiani e adesso emigrare dalla città partenopea o andare nella capitale del regno non è più un miraggio. La Roccaravindola-Isernia è l’ultima fatica di un grande progetto che voleva la nostra regione collegata con i grandi centri industriali e amministrativi del giovane Regno d’Italia.
La politica aveva lottato per ottenere questo privilegio, all’epoca concesso a pochi. Il 20 gennaio 1886 veniva aperta all’esercizio la tratta Vairano-Cajanello – Venafro e il 2 settembre dello stesso anno la ferrovia arrivava a Roccaravindola. La celerità nella realizzazione di questi due tratti era giustificata dall’assenza di opere infrastrutturali poiché il territorio attraversato è completamente pianeggiante. I treni dal capolinea provvisorio di Rocccaravindola, piccolo borgo sulla sponda destra del Volturno, nei pressi di Venafro, viaggiavano alla volta della stazione di Vairano-Cajanello e da lì verso Roma o Napoli. La politica locale esigeva un collegamento tra il capoluogo della Pentria ed i grandi centri urbani della Campania e del Lazio, ritenuti indispensabili per l’intera economia regionale. E questo piano fu portato a termine nel 1894. Si impiegarono diversi anni per completare l’intera tratta Isernia-Vairano: lo sforzo ingegneristico fu straordinario e i costi altrettanto ingenti. Si realizzarono poderosi terrapieni per evitare smottamenti e caduta massi; gallerie che perforavano quelle montagne che per secoli erano state delle barriere naturali; diversi viadotti furono edificati per superare fiumi, quali il Volturno, o dirupi, come quello scavato dal fiume Carpino con il viadotto di Santo Spirito a Isernia con i suoi mastodontici archi; come non ricordare infine i viadotti della Trinità, presso Macchia d’Isernia e di Longano, pochi chilometri dopo la stazione di Sant’Agapito-Longano. La linea, lunga ben 45 km, annoverava 6 Fermate (Presenzano, Sesto Campano, Pozzilli, Santa Maria Oliveto, Monteroduni Sant’Eusanio, Macchia d’Isernia) e 7 Stazioni (Vairano-Cajanello, Capriati a Volturno, Venafro, Roccaravindola, Monteroduni-Macchia, Sant’Agapito-Longano e Isernia), dotate di scalo merci con magazzino e piano di carico a testimoniare l’importanza commerciale che la tratta aveva nel passato. Furono fatti enormi sforzi per assicurare un futuro al Molise e anche all’Abruzzo e uscire da un isolamento che potremmo definire secolare. Arrivò la guerra e con essa la distruzione. Durante la loro ritirata nel 1943, i tedeschi fecero terra bruciata, abbattendo ponti e tagliando i binari. Per diversi anni, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, il Molise ritornò in quell’isolamento dal quale era uscito molti decenni prima. Con impegno e costanza, dopo molte interrogazioni parlamentari, si riuscì a riattivare la Isernia-Vairano con altrettanta perizia ingegneristica: il ponte di Santo Spirito, ad esempio, fu ricostruito ex novo e venne edificato con un poderoso arco centrale che è divenuto uno dei simboli che caratterizzano il capoluogo pentro; fu uno dei piani architettonici più arditi nel periodo della ricostruzione post bellica. La linea fu riaperta a lavori ultimati nel 1953 e, precisamente il 27 febbraio: il capolinea di Isernia rivide giungere un treno con a bordo l’allora Ministro dei Trasporti Guido Corbellini. Nel 1956, poco dopo la riapertura all’esercizio, sono state dismesse la fermata Pozzilli e la stazione di Monteroduni-Macchia, entrambe per carenza di viaggiatori, in quanto la prima troppo vicina a Venafro e la seconda situata in aperta campagna tra le fermate di Monteroduni Sant’Eusanio e Macchia d’Isernia, voluta e utilizzata solo dal principe Pignatelli per raggiungere i suoi possedimenti. Oggi purtroppo sono lasciate in totale stato di abbandono. La storia recente, a cavallo tra il XX e il XXI secolo, ha visto altre dismissioni: la fermata di Santa Maria Oliveto e lo scalo di Capriati a Volturno per la scarsa fruizione del vicino cementificio. Nel 2003 è stato attivato il nuovo scalo merci di Roccaravindola che soddisfa principalmente l’area industriale di Pozzilli tramite un raccordo ferroviario.
Si pensava così di dare un incentivo all’industria molisana, facilitando il trasporto merci con l’elettrificazione della linea, da Vairano-Cajanello fino al piccolo comune molisano. Come spesso accade, i pochi finanziamenti e la schiacciante concorrenza del trasporto su gomma hanno ridotto drasticamente l’esercizio delle nuove infrastrutture.
Da centovent’anni a questa parte la Isernia-Vairano serve i molisani, nonostante i tagli e i ridimensionamenti delle Ferrovie dello Stato che hanno portato all’abbandono quasi totale delle stazioni e delle infrastrutture che contribuivano al buon funzionamento della linea.
Alla luce di tutto ciò è nostro compito ricordare questo anniversario come parte integrante della storia molisana. Grazie alle ferrovie il Molise entrò nella modernità e poté sperare in un futuro migliore, lontano dal provincialismo. Ecco perché l’associazione LeRotaie Molise si è impegnata a celebrare questo evento con una mostra a tema che si svolgerà dal 21 al 23 marzo prossimi nel Museo di Cultura Ferroviaria, presso l’ex rimessa dei treni della stazione di Isernia. L’esposizione porterà il visitatore a rivivere tramite foto e giornali d’epoca l’importanza della Vairano Cajanello-Isernia.
Associazione Culturale LEROTAIE Molise