Un importante riconoscimento internazionale è stato ricevuto dai ricercatori del Dipartimento di Angio-Cardio-Neurologia dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, guidato dal professor Giuseppe Lembo, per un lavoro scientifico che mira a scoprire nuovi meccanismi implicati nella regolazione della pressione arteriosa e nello sviluppo dell’ipertensione. Lo studio sarà presentato dalla dottoressa Daniela Carnevale, ricercatrice dell’Università La Sapienza di Roma presso il Dipartimento Neuromed, giovedì 11 settembre a San Francisco nel corso della Sessione scientifica sull’ipertensione organizzata congiuntamente dall’American heart association (AHA) e dall’American stroke association. Ma questo lavoro scientifico andrà oltre: è stato infatti riconosciuto tra i migliori lavori presentati durante le varie Sessioni scientifiche dell’AHA nel corso del 2014. Per questo motivo Daniela Carnevale è stata invitata ad illustrarlo nuovamente a novembre, durante il congresso “Scientific Sessions” di Chicago, la principale conferenza internazionale sulle malattie cardiovascolari.
Lo studio condotto dai ricercatori Neuromed ha approfondito il ruolo giocato nella regolazione della pressione arteriosa da una proteina, la Emilina-1, una componente delle fibre elastiche presenti tra le cellule endoteliali, che formano la parete dei vasi arteriosi. Attraverso esperimenti sia in vivo che in laboratorio, i ricercatori Neuromed hanno chiarito uno dei meccanismi biologici che rendono l’Emilina-1 cruciale nella regolazione dell’elasticità dell’endotelio, e quindi dei vasi, collegandola direttamente ad un ruolo nell’ipertensione.
“Questo studio – dice la dottoressa Carnevale – ci aiuta a capire meglio come Emilina-1 esplichi un’azione principale nella regolazione della pressione arteriosa. Si tratta di un meccanismo che in futuro potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie per il controllo dell’ipertensione”.
“E non dobbiamo dimenticare – commenta il professor Lembo – che l’ipertensione è una delle principali cause di mortalità e morbilità in tutto il mondo. Abbiamo molte strategie terapeutiche a disposizione, eppure gli attuali trattamenti antipertensivi non sempre ottengono gli effetti desiderati. Possiamo quindi ipotizzare l’esistenza di meccanismi ancora da identificare, e da utilizzare a scopi terapeutici. Si tratta di una strada in cui il nostro laboratorio è fortemente impegnato”.