“Immunità e infiammazione sono una metanarrazione della medicina”, con queste parole il
professor Alberto Mantovani ha sintetizzato le prospettive che si stanno aprendo nella medicina
moderna per conoscere meglio il sistema immunitario, e sfruttarlo per combattere patologie
molto diverse tra loro, ma che condividono terreni comuni.
L’immunità e i processi infiammatori, infatti, sono coinvolti non solo nelle malattie autoimmuni,
ma anche nel cancro, nelle patologie cardiovascolari, in quelle neurodegenerative, arrivando alle
condizioni neuropsichiatriche. E non vanno dimenticati gli stretti rapporti tra l’immunità e il nostro
stile di vita. Tutti temi che sono stati trattati approfonditamente nel corso della conferenza del
professor Alberto Mantovani, il ricercatore italiano più citato nella letteratura scientifica
internazionale, Professore Emerito della Humanitas University, Direttore Scientifico
dell’I.R.C.C.S. Istituto Clinico Humanitas Milano e Presidente della Cattedra di Infiammazione e
Innovazione Terapeutica presso il William Harvey Research Institute della Queen Mary University
di Londra.
“L’immunologia – dice ancora Mantovani, la cui conferenza era inserita nell’ambito degli eventi
per le celebrazioni del quarantesimo anniversario del riconoscimento dell’I.R.C.C.S., offre
speranze e promesse, ed è una delle più importanti frontiere del progresso scientifico e medico. Ad
esempio oggi già trattiamo con essa malattie molto diverse, persino alcune forme di emicrania
vengono trattate con anticorpi. E sarà protagonista anche della medicina di genere. Le malattie
autoimmuni, ad esempio, colpiscono prevalentemente il sesso femminile. Abbiamo dovere di
saperne di più, e useremo le armi dell’immunologia”.
Ma anche il COVID è stato protagonista dell’incontro di ieri. “Grazie ai vaccini e ai progressi
delle terapie, il COVID è diventato nella stragrande maggioranza dei casi una malattia lieve.
Rimane l’imperativo di proteggere i più deboli (anziani ecc.)”. E c’è anche cosa abbiamo imparato,
come sottolinea Mantovani: “Abbiamo imparato molte cose utilissime per la ricerca. Ad esempio,
che i virus conoscono il sistema immunitario meglio degli immunologi, in un certo senso. Sappiamo
che bisogna essere preparati, che bisogna rafforzare la medicina sul territorio. In tutto questo, abbiamo
una cintura di sicurezza: la ricerca scientifica e l’innovazione. Coltiviamole, allacciamo questa
cintura”.
“È un onore e piacere avere nel nostro I.R.C.C.S. il professor Mantovani – ha commentato il
professor Giovanni de Gaetano, Presidente del Neuromed – che conosco da quando era studente di
medicina a Milano. Nella sua carriera, veramente eccezionale, ha posto l’infiammazione come
meccanismo di base comune a tante patologie diverse. Con questo evento si rinsalda un’amicizia
nell’ambito di una eccellenza che coniuga insieme i 40 anni I.R.C.C.S. e il successo internazionale
del professor Mantovani”.
“Per Neuromed – ha commentato il professor Luigi Frati, Direttore Scientifico dell’I.R.C.C.S.
Neuromed – questa giornata sottolinea una collaborazione con una delle personalità scientifiche
italiane più importanti del mondo. L’immunologia è un campo che riguarda anche le nostre
ricerche, soprattutto in connessione con le malattie neurodegenerative. La presenza in Neuromed
del professor Mantovani rappresenta un riconoscimento per la nostra ricerca scientifica e per la
nostra clinica”.
La giornata di ieri ha visto anche la presentazione del Premio Internazionale “A Luca”, un
riconoscimento speciale dedicato ai giovani neurochirurghi in formazione, che simboleggia
l’impegno per la ricerca e l’eccellenza nella formazione medica. Il premio, promosso dalla famiglia
di Luca, un giovane paziente, ne onora la memoria e si pone l’obiettivo di ispirare nuove
generazioni di professionisti nel campo della neurochirurgia, formati all’interno dell’I.R.C.C.S.
Neuromed.
“Con questo premio – ha detto il professor Vincenzo Esposito, Responsabile della Neurochirurgia
2 del Neuromed – vediamo un gesto molto importante della famiglia di Luca. Servirà a finanziare
giovani neurochirurghi che vorranno frequentare il nostro ambulatorio di anatomia, un’attività
fondamentale per l’addestramento. Come mi capita spesso di dire, è facile essere il migliore dei
chirurghi quando tutto va bene. Invece avere la gratitudine della famiglia quando non siamo riusciti
a vincere la battaglia, è qualcosa di importante. La famiglia ha percepito l’impegno che il nostro
gruppo ha cercato di profondere, ed anche per noi questa è una grande consolazione, che trasforma
un momento di profondo dolore in una opportunità per i giovani e nella speranza che portino nuove
soluzioni”.