In questi giorni i media locali hanno dato ampio spazio all’ex sindaco della destra di Isernia, il quale, dando i numeri sulle immaginifiche virtuosità della sua decennale (mala) gestio finanziaria, ha esibito surreali diapositive; tutto con il supporto del consulente privato all’epoca da lui incaricato a spese del Comune, e poi revocato dal Commissario prefettizio nel 2012 per inattendibilità del suo operato. Il fumus della destra isernina ruota intorno ad un fantomatico “attivo di 8 milioni di cassa” che la loro giunta avrebbe lasciato nel 2011-2012; ma sono solo fanfaluche, e non solo perché tali dati sono stati resi evanescenti, in quanto smentiti dalla Corte dei Conti, dal Commissario prefettizio, dai Revisori, e dallo stesso Ufficio Finanziario Comunale.
Primo: viene fatta una grossolana confusione tra avanzo finanziario e cassa giacente. Essendo l’avanzo comunale pari al fondo di cassa, più i residui attivi (crediti da riscuotere), meno i residui passivi (debiti da pagare), si è visto il disastro ereditato dalla destra è pari a 9 milioni di disavanzo, poi scaricato sulle masse popolari isernine con il taglio di servizi per 300 mila euro all’anno e per 30 anni (giusta delibera comunale n.24 del 4/6/2015).
Secondo: le giacenze di cassa sono risultate tutte vincolate a scopi specifici di legge (cioè correlate a finanziamenti di scopo) il che, di fatto, significa cassa corrente pari a zero e ricorso alle anticipazioni bancarie con interesse onerosi.
Un esempio concreto per i tanti altri: abbiamo verificato, documenti alla mano, che un’ anziana di Isernia, che vive di modesta pensione, attende da oltre 8 anni di ricevere 400 euro di rimborso, già riconosciuto ed esigibile, per TARSU indebitamente pagata in più anni; se c’era tutta questa floridezza di 8 milioni di euro in cassa di cui parla l’ex sindaco, come mai durante la giunta di destra ( e ancora oggi) non è stata rimborsata una somma di 400 euro ?
Terzo: se fosse esistito un avanzo finanziario o di cassa non vincolato, fatto salvo il margine di riserva, ciò non sarebbe motivo di vanto, ma solo prova di mala gestio per aver tenuto inutilmente in giacenza una cassa, che invece andava celermente utilizzata per il bene sociale. Tanto più quando “l’avanzo” è fittizio, cioè frutto di entrate sovrastimate e passività non evidenziate, stante quanto emerso agli atti (Corte dei Conti, delibere comunali e relazioni dell’ ufficio comunale).
Il punto essenziale è però quello politico: se il deficit fosse stato destinato alle esigenze delle classi meno abbienti di Isernia, sarebbe stato frutto di un’ opera buona, e contrapposta alle politiche antisociali dei vari governi regionali e centrali.
Ma sappiamo che la decennale giunta di destra, la peggiore che Isernia abbia mai avuto dal dopoguerra ad oggi, per dirla marxianamente, altro non è stata che il “comitato esecutivo della borghesia” locale e non solo locale. Per tutti che i disastri sociali, ambientali, culturali che ha causato, ben combinati con le azioni antidemocratiche e volgarmente ingiuriose verso gli oppositori, e con famigerate “opere magne” finite sotto la nota inchiesta nazionale della “cricca e “P3”.
A prescindere dal fatto se sul piano legale-erariale siano o meno accertate eventuali responsabilità per risarcire le casse comunali, ci batteremo perché siano adottati provvedimenti di giustizia sociale: questo deficit di 9 milioni sia pagato dai ceti dominanti locali e dai gruppi che ne hanno beneficiato, e dai loro governanti, e non dalle classi popolari isernine, già salassate dalle politiche regionali e dei governi di Confindustria e banchieri.
Tiziano Di Clemente