C’è voluto il covid per far ritornare al centro dell’attenzione dell’antica Fiera delle Cipolle di Isernia, appunto, la vecchia e prelibata “C’POLLA CHIANGA” di Isernia. Questa antica fiera si è nel tempo del tutto snaturata in una dei soliti tanti indistinti mercati di prodotti commerciali, sicché la cipolla appare quasi un accessorio. Dimenticata con essa una parte della sua storia sociale ed agricola, a partire dal quel suo uso in campo medico per curare le cisti, così come attraverso impacchi di cipolla cotta la foglia di cipolla riscaldata veniva utilizzata per i duroni ai piedi, tanto per citare alcuni richiami storici.
Il suo sapore dolce particolare per varie ricette semplici, potrebbe innestarsi anche in innovazioni creative nella cucina del nostro tempo; una tradizione storica e agricola di sapori così radicata che portò anche all’antico e folcloristico sfottò dell’isernino “cipollaro” contrapposto al “trippa verde” venafrano. Ma le amministrazioni comunali di Isernia, da sempre intente solo a fungere da comitati esecutivi i delle lobby locali, oltre a vessare socialmente la popolazione per il profitto di pochi ed alle grette visioni anguste, a speculazioni edilizie, a deturpare e saccheggiare l’ambiente urbano e il verde, non potevano mai pensare di riqualificare questa Fiera ripartendo dalle sue origini, ponendo al centro di questa giornata questo antico e prezioso prodotto locale, magari estendendo l’esposizione della Fiera per l’ occasione agli altri prodotti agricoli della zona, ed accompagnandola con eventi culturali sul tema agricolo alimentare, nei quali si possa diffondere la conoscenza delle qualità alimentari degli stessi e il dibattito sul rilancio e la riqualificazione dell’agricoltura locale.
Insomma si tratta di fare di questa Fiera un vero e proprio evento culturale abbinato ai sapori e all’agricoltura locale a Km zero, come del resto in altre realtà locali viene fatto, e non la solita anonima fiera commerciale di tanti indistinte merci, perdendo ogni reale specificità e legame con la storia della città e di questo suo prodotto simbolo. D’altro lato la ricchezza agricola delle nostre zone più che altro soppiantata da un’industria disordinata e inquinante, ad iniziare dalla piana di Venafro, ha unito persino “cipollari” e “trippa verdi” nel medesimo nefasto risvolto “anti agricolo”, che è perciò tutto da rovesciare.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI – SEZIONE MOLISE