La deliberazione del consiglio comunale di Isernia n. 54 del 8/9/2014 tanto stabilisce: per i ceti ricchi e la loro prima casa di lusso, la TASI è pari a zero. Per il resto della popolazione: 3,3 per mille (2,5 per mille + 0,8 aggiunto dal Comune). Nella delibera non pare vi sia la motivazione di tale iniqua decisione. Invero la norma centrale impone il vincolo per cui la massima aliquota consentita dallo stato per l’’IMU del 2013 non può essere superata dalla somma tra IMU e TASI del 2014. E forse il Comune ha ritenuto che il 4 per mille relativo all’IMU delle abitazioni già imposto alle prime case di lusso, fosse già il limite massimo ? Ma in realtà l’aliquota massima dell’IMU del 2013 è pari al 6 per mille e non al 4 per mille.
Morale della favola: il ceto più agiato di Isernia pagherà solo l’IMU sulla prima casa di lusso, come l’anno scorso, al 4 per mille, con 200 euro di detrazione; mentre i ceti popolari, che sulla prima casa prima non pagavano, pagheranno ora il 3,3 per mille sotto forma di la TARI, e senza detrazione (salvo che la rendita catastale non superi i soli 600 euro, in tal caso la detrazione è di soli 70 euro).
Ne consegue che la progressività del tributo è applicata al contrario: per i ceti popolari si aggrava, a differenza che per i ceti ricchi.
Quanto meno, pur nel quadro antisociale dei vincoli governativi, ben si poteva, per le prime case di lusso, portare dal 4 al 6 per mille l’IMU o da zero al 2 per mille la TASI, con conseguente sgravio per le prime case dei ceti popolari in termini di aumento delle detrazioni. Ed è questo che il PCL di Isernia continuerà a proporre.
Insomma, anche ad Isernia, dalla deliberazione del consiglio comunale n. 54 del 8/9/2014, lavoratori, pensionati, precari, disoccupati ed in genere i ceti meno agiati, potranno verificare già il primo assaggio della truffa renziana degli 80 euro, ripresi tra Tasi e Tari ( a cui si aggiungerà il resto: tagli su servizi, lavoro, sanità, per 32 miliardi in 3 anni, con abolizione di quel che rimane degli elementari diritti dei lavoratori).
Il tutto per garantire il travaso di risorse pubbliche ai veri padroni della società (banchieri e grande padronato).
Al di là delle singole delibere comunali, che attuano i dettami antisociali governativi, la questione di fondo si sposta tuttavia sul potere centrale: a partire da un’imposta fortemente progressiva su reddito e patrimonio, che sgravi le classi lavoratrici e popolari, recuperando sui ceti ricchi (una minoranza del 10% che concentra su di sé metà delle ricchezza della società), dalla nazionalizzazione senza indennizzo del sistema bancario sotto il controllo sociale, creando un’unica banca centrale, che tracci i movimenti dei grandi capitalisti evasori e del riciclaggio, azzerando il furto annuale di miliardi all’erario, destinando le risorse agli aiuti per le fasce popolari ed al piccolo lavorato autonomo ed artigianale.
Ma oltre al governo dei banchieri, anche gli enti locali, gestiti sempre dai partiti borghesi (di destra o del PD che siano), a quanto pare ci mettono del loro, completando l’opera: delibera n.54/2014 docet !
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