Un decisivo passo in avanti verso interventi neurochirurgici più sicuri e con minori effetti indesiderati è stato compiuto dal Centro per la Chirurgia dell’Epilessia dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli nell’ambito del Progetto Cyber-Brain nato dalla collaborazione tra Fondazione Neuromed, Fondazione Neurone, Albany Medical Center e Iemest. Per la prima volta in Italia è stata infatti applicata, su un paziente con epilessia, una metodica innovativa che si basa su tecnologie molto avanzate di “Brain Computer Interface”.
Il concetto di interfaccia cervello-computer si basa sull’uso di rilevazioni elettroencefalografiche attraverso le quali far comunicare il sistema nervoso con un dispositivo informatizzato, permettendo quindi l’interpretazione dell’attività elettrica del cervello. L’intervento eseguito nell’istituto Neuromed ha usato questa tecnologia su una giovane paziente affetta da una grave forma di epilessia focale farmacoresistente, nella quale la lesione responsabile dell’epilessia era molto vicina alle aree del linguaggio. In questi casi l’intervento neurochirurgico, mirato all’asportazione del tessuto responsabile delle scariche epilettiche, deve essere eseguito in sicurezza, senza danneggiare regioni della corteccia cerebrale sedi di funzioni importanti, come appunto il linguaggio.
“La metodica classica per l’identificazione precisa (mappaggio funzionale) di queste aree “nobili” – dice il dottor Giancarlo Di Gennaro, Responsabile del Centro per lo studio e la cura dell’Epilessia del Neuromed – prevede l’esecuzione di test neurologici differenti a seconda della funzione che si vuole studiare e la contemporanea applicazione di stimoli elettrici su specifiche zone di corteccia cerebrale che vengono in questo modo disattivate per un breve periodo di tempo. Tale modalità, pur rappresentando oggi il “gold standard”, è però in grado di identificare le diverse aree solo in modo indiretto. Infatti se, ad esempio, il paziente non è più in grado di denominare degli oggetti o effettuare compiti motori durante la stimolazione elettrica, si può dedurre che le aree stimolate siano sede rispettivamente di aree linguistiche o con competenze di tipo motorio. Questo sistema, tuttavia, richiede spesso tempi lunghi di esecuzione e può di per sé favorire l’insorgenza di crisi epilettiche”.
Il nuovo metodo usato nel Neuromed, invece, si basa sulla registrazione e la decodifica di particolari frequenze del segnale elettroencefalografico proveniente dalla corteccia cerebrale durante la somministrazione di test cognitivi e motori, senza l’utilizzo di stimolazioni elettriche. “La metodica – dice ancora Di Gennaro – eseguita grazie alla collaborazione multidisciplinare tra neurologi epilettologi, neurochirurghi, neuropsicologi e bioingegneri, è risultata sicura, ben tollerata dalla paziente, di breve durata ed ha dato risultati paragonabili a quella classica.
Al termine della procedura la paziente è stata operata con successo dal team neurochirurgico diretto dal professor Vincenzo Esposito, non ha riportato deficit neurologici o crisi epilettiche immediatamente dopo l’intervento”.
“Le tecnologie di Brain-computer interface – aggiunge il dottor Antonio Sparano, responsabile della Stroke Unit del Neuromed – potranno avere un ruolo sempre maggiore nel trattamento riabilitativo di alcune patologie neurologiche, pensiamo ai pazienti affetti da deficit neurologici di tipo linguistico o motorio quale risultato di un ictus cerebrale oppure a patologie di tipo degenerativo gravemente invalidanti, come ad esempio la sclerosi laterale amiotrofica”.