di Pietro Colagiovanni
L’economia sarà pure una scienza triste ma forse è l’unica che riesce a spiegare quanto accade nel mondo. Purtroppo, proprio per questa sua caratteristica, l’economia viene negletta nei corsi di studio e l’informazione, asservita ai poteri che tirano le fila del nostro mondo, fa di tutto per non farti capire niente. Viviamo in un periodo di guerre, guerre spinte sino ai confini dell’Europa come quella russo ucraina. Da qualche settimana è scoppiata nuovamente una guerra in Medio oriente, da decenni martoriato da conflitti arabo israeliani. Tensioni si registrano un po’dappertutto ed un conflitto tra Occidente e Cina per Taiwan è sempre dietro l’angolo. Siamo quindi alla vigilia di un nuovo devastante conflitto mondiale? Io credo che un nuovo conflitto mondiale sia probabile, anche se non ancora inevitabile e lo credo in base agli strumenti di analisi economica di cui mi sono munito. Il pensiero di Karl Marx per molti (e per il governo cinese è addirittura il dogma ufficiale) è identificato come quello del comunismo. Ma il comunismo è la parte meno interessante della sua opera, è vetusta, inapplicabile praticamente ed anche un po’ datata. E comunque un paio di millenni prima il pensiero di un uomo chiamato Gesù sul tema è decisamente superiore e molto più attuale.
Invece c’è una riflessione di Marx che è geniale ed è di un’attualità devastante. Si tratta del cosiddetto rapporto struttura-sovrastruttura. Cosa dice? Dice che i rapporti economici tra gli uomini, la struttura di una società, pemeano di sé e danno forma a tutto quello che c’è oltre l’economia, la sovrastruttura. La famiglia, la sessualità, la religione, i costumi sociali, la politica qualsiasi cosa deriva la sua forma dal materiale disporsi dei rapporti economici. Una intuizione geniale che perfino Benedetto Croce, filosofo quanto di più lontano dal pensiero marxista, non mancò di apprezzare. Ebbene in base a questa intuizione mi sento di dire che una nuova guerra mondiale è certamente probabile, è nelle cose. Perchè? Perchè il nostro mondo a livello economico sta conoscendo e sta accentuando degli squilibri economici tali che una guerra è la soluzione più semplice e più probabile. E quali sono gli squilibri che si sono formati nella struttura della società? Essenzialmente tutto ha origine da un difetto basilare di funzionamento del capitalismo. In pratica per creare la ricchezza ci vuole il lavoro ma la ricchezza, una volta creata, diventa rendita e viene accumulata da pochi soggetti. Non solo.
Col passare del tempo alla rendita, ossia al denaro non frutto di lavoro, viene garantito un rendimento crescente, basti pensare alla rendita immobiliare o finanziaria. Basti pensare, per avere un esempio nostrano, a quanto vale e quanto rende un immobile a Milano . Ebbene a livello di sovrastruttura la cosa comporta a lungo termine squilibri insanabili. Poche persone hanno tutto, la classe media sparisce, tante persone cominciamo a non avere nulla, se non rabbia e acredine per un mondo ingiusto. Come si risolve tutto ciò? Di solito con una grande guerra che ha la capacità, cinica ma efficace, di fungere da livella e di ripartire da valori più accettabili tra lavoro e rendita. Qualcuno potrà obiettare che si tratta di illazioni, di nostalgiche riflessioni di un vecchio comunista in disarmo. No. Parliamo invece di numeri, di statistiche e di certezze matematiche. Dove si trovano? Se volete comprate un libro (vi consiglio il Capitale nel 21esimo secolo,) dell’economista francese Thomas Picketty. Si tratta solitamente di libroni pieni di centinaia di tabelle. Sono serie economiche e statistiche prese dagli archivi e dai centri statistiche tutto il mondo. E dicono univocamente una cosa sola. Il rapporto lavoro rendita era estremamente squilibrato alla vigilia della seconda guerra mondiale. Ed analizzando i dati dal 1970 ad oggi si nota la medesima evoluzione, peraltro in accelerazione. Siamo quindi vicini al punto di non ritorno perchè i dati parlano chiaro: la struttura è talmente squilibrata che una guerra è la soluzione più semplice per risolvere il problema.