Varie ed eventuali/ Quando il manifesto decide il voto…

Pietro Colagiovanni

La recente tornata amministrativa, specie quando si rinnova il sindaco e il consiglio comunale, non
è stata solo un fenomeno politico ma porta con sé anche spunti di sociologia del vivere quotidiano.
Negli ultimi decenni i candidati sindaci si fanno sostenere da una moltitudine di liste per raccattare
il voto dell’ultimo parente o cugino perso nella contrada ai bordi della città. Inoltre con la
preferenza di genere, una scelta del politicamente corretto molto discutibile, le liste si colorano di
volti femminili e di vestiti molto più colorati e fantasiosi rispetto alle giacche e cravatte tipiche dei
loro colleghi uomini. E quindi, durante la campagna elettorale, è interessante fermarsi davanti ai
cartelloni elettorali e guardare questa galleria di visi, ammiccanti, seducenti, pensosi, a volte
boriosi, spesso sorridenti, qualche volta anche un po’ malinconici, che chiedono il tuo voto e il tuo
consenso nelle urne. Inoltre, forse perché prima lo facevo per professione, mi è rimasta
l’abitudine e la curiosità di vedere quali esiti di queste campagne elettorali, questi soldi investiti in
tipografie e affissioni, comportano. E stavolta ho trovato una chicca. Tra i tanti candidati avevo
notato la foto di un signore abbastanza anziano che chiedeva il tuo voto, quasi sporgendosi dal
manifesto, con fare pacioso, perché aveva concluso una lunga esperienza lavorativa. Una carriera
di successo, immaginiamo noi, o comunque affidabile tanto da poterla utilizzare come viatico per
una nuova esperienza politica e amministrativa. Mi colpì perché aveva un modo di comunicare un
tantino naive, forse anche ingenuo ma alla fine poteva risultare simpatico. Controllando i dati
elettorali e le preferenze raccolte da questa moltitudine di uomini e donne desiderosi di
amministrare e spendersi per il prossimo, sono andato a vedere anche il risultato di questo
signore. Ho avuto una sorpresa quasi scioccante. Il candidato aveva preso una sola preferenza, un
solo voto, immagino il suo. Ho capito come probabilmente si fosse candidato solo per fare
numero, per riempire una delle tante, spesso improbabili liste che affollano questi surreali tornei
per spartirsi una posizione di potere all’interno di una città. Ma, evidentemente non era molto
convinto, non voleva neanche andare votare. E allora si è recato in una tipografia e si è fatto fare
un manifesto con tanto di fotografo e slogan elettorale. E poi lo ha fatto anche affiggere, non
sappiamo se personalmente o tramite qualche attacchino. Quindi lo è andato a vedere e ha visto

che effetto faceva. E l’effetto è stato quello atteso, quello per cui aveva speso tempo e risorse. Si ,
il manifesto lo aveva convinto ad andare a votare e a votarsi. Il manifesto era stato davvero
decisivo per avere un voto, il suo.

P.S.: Anche per quest’anno questa rubrica di varia umanità va in vacanza. Ci ritroviamo se vi fa
piacere a settembre. A tutti le amiche e gli amici che hanno la bontà di seguirmi il mio personale
augurio di buone vacanze

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