Pietro Colagiovanni
Il risultato delle recenti elezioni europee sta avendo ripercussioni pesanti sui mercati e sulla
finanza mondiale. Si alza lo spread, si vendono i titoli di stato, in particolare quelli francesi
epicentro dei sommovimenti politici europei, si spostano i soldi dal vecchio continente, ritenuto
non più sicuro, verso altri lidi. Eppure le elezioni alla fine non hanno portato chissà quale
sconvolgimento. E pure se fosse, arguirebbe qualche vecchio democratico, sono affari degli
europei e se la vedranno tra di loro. Secondo il mio personalissimo giudizio questo preambolo
invece ci dice qualche altra cosa, più sottile, meno visibile ma a mio avviso molto fondata. Il potere
politico, inteso come potere che condiziona e dirige le comunità ha sempre meno a che fare con i
luoghi dove formalmente si scelgono chi il potere politico lo detiene, ossia i parlamenti e i
procedimenti elettorali che i parlamenti selezionano. Lo spread condiziona in modo determinante
il potere politico legittimo, ma chi muove lo spread e chi lo spinge? Chi sono gli spingitori di
spread si potrebbe dire, parafrasando una geniale battuta dell’inimitabile Corrado Guzzanti? Il
governo Berlusconi, legittimamente eletto, fu costretto a dimettersi proprio perché lo spread si
innalzò a vette mai viste e dovette fare posto a Mario Monti, professore mai eletto da nessuno che
ci ha regalato una pesante patrimoniale come l’Imu. Lo spread è semplicemente il tasso in
eccedenza richiesto dal mercato per acquistare un titolo finanziario. Più è alto e più si ritiene che
quel titolo sia rischioso, ossia abbia probabilità di non essere rimborsato alla sua scadenza. Ma chi
decide quale è lo spread e a quanto deve ammontare? Una Banca centrale, un’autorità finanziaria,
un copro pubblico istituzionale? No, niente di tutto questo.
Lo decide il mercato. Ma il mercato non è fatto da tanti investitori piccoli che, secondo la teoria
classica di Adam Smith, sono ininfluenti sui prezzi perché non hanno la massa critica per dirigerlo.
No, il mercato finanziario, quello dove si decide lo spread, vede la presenza di colossi che
gestiscono masse immense di danaro, solitamente a loro discrezione. E spesso questi colossi,
normalmente con passaporto americano o inglese, si coordinano tra loro per stabilire i cosiddetti
equilibri giusti di mercato, spread incluso. Un esempio tra i tanti. La società americana di gestione
del risparmio Blackstone amministra masse di danaro superiore ai 1000 miliardi di dollari. Tanto
per capirci si tratta, occhio e croce, di metà del Prodotto Interno Lordo dell’Italia. E Blackstone non
è l’unica ad avere queste dimensioni. La democrazia è bellissima, e resto convinto che sia la strada
maestra per governare e decidere in modo equo le sorti di una collettività. Ma ho sempre di più la
sensazione che la nostra democrazia sia decisa altrove da altri soggetti. Ho la sensazione che quelli
che vediamo ed eleggiamo siano spesso, a volte loro malgrado e a volte in modo consapevole,
semplici figuranti che seguono copioni scritti da altri. E quando qualcosa va storto, o promette di
andare storto, gli sceneggiatori sono costretti ad intervenire direttamente, magari con un
repentino innalzamento di spread. Spero di sbagliarmi, anzi vorrei davvero sbagliarmi, ma altri
indizi, oltre a quello citato , mi fanno credere che forse ho ragione. Avete mai pensato come su
circa 340 milioni di abitanti la principale potenza al mondo non riesca a proporre quale suo capo
indiscusso e riconosciuto altri se non un ottantenne visibilmente in crisi di lucidità ed un 78enne
instabile e imprevedibile (apparentemente)? Qualcosa non torna. Forse se conoscessimo
direttamente chi sono e cosa fanno gli spingitori di spread qualche risposta sensata potrebbe
arrivare
Varie ed eventuali/ Lo spread e gli spingitori di spread…
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