di Pietro Colagiovanni
I dati del censimento del Molise, riferiti al 2021, sono sconfortanti. Ci vive sempre meno gente e sempre più anziana. Siamo in 292.000 ben 38.000 in meno rispetto ai 330.000 di qualche decennio fa. Perchè siamo arrivati a questo, quali sono le cause profonde di questo esodo che definirei quasi biblico? Qualcuno banalmente potrebbe rispondere che un motivo vero non c’è e che comunque il Molise è bello, non si capisce perchè uno voglia andar via. E che il Molise sia un bel posto, ricco di storia, cultura e sapori nessuno lo mette in dubbio. Ma la bellezza o la gradevolezza di un posto non è categoria sufficiente per motivare una scelta esistenziale così profonda come decidere il posto in cui trascorrere la propria vita. La bellezza è utile per il turista non per un residente, specie se si accompagna ad una completa disorganizzazione dei servizi pubblici. Nel Molise manca una sanità all’altezza, l’organizzazione degli uffici pubblici avolte è semplicemente penosa, non ci sono collegamenti adeguati (anzi sono assolutamente deficitari) e, soprattutto, non ci sono prospettive valide per costruire un percorso lavorativo adeguato. Per cui i nostri figli fanno le scuole superiori nel Molise e poi vanno fuori, non solo e non soltanto per l’allure di altre Università ma soprattutto perchè radicandosi a Milano, Roma o Bologna hanno concrete possibilità di costruirsi una valida e soddisfacente carriera. E questo comporta che il Molise perda i cervelli migliori o quantomeno quelli più dinamici, più ambiziosi e, brutto da dirsi ma vero, anche quelli che hanno alle spalle famiglie con maggiori disponibilità economiche. E ovvio che un trend così alla lunga porta alla disconnessione sociale ed economica di un territorio anche perchè si innesca un circolo vizioso terribile. Se tutti se ne vanno perchè non c’è un lavoro adeguato si riducono sempre più le possibilità di trovare, su quel territorio, dei lavori adeguati. Un ciclo infernale che può portare alla completa desertificazione culturale, sociale ed economica di una regione. Il Molise se continua così è destinato davvero a non esistere più. Si può fare qualcosa? Non lo so, ormai la speranza e la fiducia non fanno più parte del mio pensiero quotidiano. Forse ci vuole un colpo di fortuna, un Francis Ford Coppola che torna nella sua terra natia e la fa conoscere a tutto il pianeta grazie ad una grande produzione cinematografica hollywoodiana, come è successo con la Basilicata. Oggettivamente la situazione del Molise è così compromessa che io stesso, nonostante una convinta e sofferta permanenza in questa terra, non escludo di poter andare via. Risposte quindi non ne ho. Però una certezza in questo discorso ce l’ho e la coltivo sin dalla gioventù. La scelta dell’autonomia regionale, in teoria valida, giusta e fonte di orgoglio comunitario, è stata, nella pratica, la più grande fesseria che potevamo compiere. E questo per un solo motivo: l’autonomia te la devi poter permettere, e non è solo questione di soldi, che pure sono arrivati copiosi negli anni. Devi avere una classe dirigente adeguata, un progetto condiviso, una comunità unita da un profondo sentimento identitario e con una cultura diffusa e profonda. Noi nel Molise non abbiamo avuto e non abbiamo nulla di tutto questo. E quindi l’autonomia, traguardo bello e ambizioso, il Molise, semplicemente, non se la poteva permettere