In un comunicato particolarmente lucido e incisivo l’assessore regionale al lavoro, Michele Petraroia ha dipinto, qualche giorno fa, la situazione del mercato del lavoro molisano. “88 mila persone in età di lavoro tra i 15 ed i 64 anni che risultano inattive. 10 mila percettori di disoccupazione nel 2013 che si aggiungono a migliaia di lavoratori in cassa integrazione e in mobilità. Solo 99 mila persone in Molise svolgono un’attività pubblica o privata, autonoma o professionale, subordinata o d’impresa. Con questi numeri non c’è Regione che tenga”. E’ un’analisi perfetta, benché sconsolante. Ma è la realtà. Petraroia ha avuto l’intelligenza, rara in un politico, di raccontare i fatti della propria regione per quello che sono. E nel farlo ha dovuto prendere atto di quanto disperata sia la condizione socio-economica molisana.
Per quel che ci riguarda l’apprezzamento è duplice, perché Petraroia, numeri alla mano, ha dato ufficialità e sostanza a quanto da noi scritto profeticamente (ma non è che ci volesse Frate Indovino) a marzo: “disoccupazione nel Molise: arriverà al 50% della popolazione” questo il titolo del nostro articolo. Ma c’è di più. Dai dati dell’assessore emerge chiaramente che nel Molise siamo anche al di sopra del 50% di disoccupazione.
Perché ci sono i migliaia di lavoratori in cassa integrazione o in mobilità non quantificati, perché ci sono, nei 99mila lavoratori molti precari, attività autonome marginali e non produttive di reddito, partite Iva finte o di facciata perché soprattutto in quei 99mila ci sono anche tantissimi esuberi della pubblica amministrazione locale,gonfiata a dismisura dalla scellerata politica clientelare e cleptocratica degli ultimi venti anni di politica regionale. Insomma un vero disastro. E non è che ci si può compiacere più di tanto di avere ragione, dopo anni di prediche lanciate nel deserto dell’ottimismo interessato di una classe dirigente ladra e incompetente. Il punto centrato da Petraroia è infatti terrificante. Nel Molise meno di 90.000 persone dovrebbero campare, con il loro lavoro spesso poco produttivo, una comunità di oltre 300.000 abitanti e tutte le connesse istituzioni di sostegno alla comunità (sanità, trasporti, scuole, giustizia, ordine pubblico, sostegno ai più deboli). La cosa, semplicemente, non è possibile. E allora che si fa? Qui le strade, tra noi e Petraroia, si dividono. L’assessore, una persona che sta mettendo un impegno personale rimarchevole nel cercare soluzioni al disastro che gli è stato consegnato, parla e prospetta soluzioni per così dire tradizionali. Un patto con il governo, un accordo di programma, una “vertenza Molise” nelle corde di chi,come Petraroia, viene dal sindacato e dalla contrattazione collettiva, anche in politica. Noi proponiamo altro. E lo proponiamo non perché le ricette di Petraroia siano sbagliate. Non sono semplicemente adatte ad una condizione totalmente abnorme come quella molisana. Le ricette di Petraroia sono adeguate in condizioni di crisi, anche grave, ma pur sempre perimetrata nell’alveo di una condizione normale, di stabilità del contesto. Nel Molise non c’è la crisi, c’è l’implosione del sistema, incluso lo stesso contesto di riferimento. Il Molise è come un buco nero dell’astrofisica, l’unico posto dell’universo in cui non valgono più a le leggi della fisica, non esiste né più il tempo né più lo spazio. E quindi per fare qualcosa bisogna tener conto della condizione totalmente anomala in cui ci si trova ad operare. Nel Molise, nel tentativo di salvarlo (ma non è detto che ci si riesca) si devono fare essenzialmente due cose, piuttosto rapidamente. La prima è garantire a tutti, a prescindere dalla condizione sociale e lavorativa, un reddito minimo di cittadinanza. E’ la proposta del Movimento Cinque Stelle ed è una proposta giusta. D’altronde non è una proposta rivoluzionaria. Forme di sussidio indistinto ai cittadini ci sono in Germania e ci sono negli Stati Uniti addirittura nella forma di sussidi per l’acquisto di beni alimentari e di prima necessità. Una misura del genere fermerebbe la disgregazione sociale che sta colpendo il Molise. Le famiglie senza reddito e soprattutto senza speranza di un reddito scoppiano, i figli e i bambini vengono traumatizzati, la droga e l’alcool la fanno da padrone, la criminalità aumenta. Il reddito minimo arginerebbe questa devastante piega che la società regionale sta ogni giorno di più intraprendendo. La seconda misura è quella di uno sportello pubblico, un’agenzia che concede prestiti e agevolazioni alle piccole imprese, già esistenti o in start up senza troppi se, senza istruttorie opache e lente, senza graduatorie, senza burocrazie. Tu chiedi, spieghi la tua idea e loro ti danno i soldi. Il tutto in pochi giorni. Mettendo una linea preferenziale per progetti in settori che possono dare una speranza reale al Molise: turismo, enogastronomia e servizi socio sanitari alle persone. La prima misura serve per tamponare l’affondamento di un’intera società, la seconda per ricostruire un progetto basato sul lavoro utile e produttivo per il Molise. Ma i soldi, si dirà, da dove li prendiamo? Dagli stessi canali individuati da Petaroia: fondi nazionali, fondi europei, fondi oggi sperperati in progetti inutili e capotici (vedi il progetto Solaris proposto per sostenere il reddito di 78 lavoratori della formazione professionale). E in più si potrebbe tagliare, da subito lo stipendio e il numero dei dirigenti operanti in regione. Ce ne sono più di mille, costano qualcosa come 200-300 milioni annui. Una follia, atteso che spesso sono degli incapaci e comunque non hanno, con 99 mila persone attive in Molise nulla da dirigere più. Tagliando lì si otterrebbero un centinaio di milioni di euro pronta cassa, ossia una somma superiore all’intero bilancio della Regione Molise. Come si vede si tratta di cose semplici, rapide e per nulla complesse. Ci vuole solo il coraggio di farle, e soprattutto di farle subito, prima che sia troppo tardi.