Papa Francesco con la sua visita nel Molise ha sicuramente scritto una pagina storica per la regione e per la sua comunità. Una pagina storica non solamente per i contenuti celebrativi e per il carisma del personaggio, non solo per il calore, l’entusiasmo e per la genuina vicinanza alla gente che Bergoglio sa trasmettere, non solo per questi aspetti. La pagina è stata storica anche per i suoi contenuti politici, contenuti radicali, innovativi e importanti che adesso spetterà allo stesso popolo molisano tradurre in fatti concreti. Papa Francesco ha indicato chiaramente la strada ma a percorrerla devono essere i molisani, se vogliono uscire da una gravissima condizione di marginalità e di indigenza cui le loro classi dirigenti li hanno condannati nel tempo. Papa Francesco è un leader carismatico, un rivoluzionario vero e non a chiacchiere. E’ uno serio, che fa sul serio e ha capito che se non si cambia è finita. E lui sta cambiando, sta cambiando la Chiesa e indica una strada anche al potere civile e politico. La sua è stata, in questo senso, una visita dai chiarissimi e dirompenti contenuti politici. Bergoglio ha attraversato il Molise saltando a piè pari, rendendo ininfluenti i dettagliati e quasi sacrali protocolli del potere costituito. Protocolli santificati dall’elenco delle Autorità custodito, a mo’ di reliquia, dalle locali Prefettura italiane. Lì ci sono le Autorità, i loro pesi, la loro importanza. E’ la mappa del vecchio sistema di potere e vale ovunque, in qualsiasi provincia italiana, incluse quelle molisane. Ebbene papa Francesco se ne è infischiato e ha incontrato non le Autorità, con le fasce e il viso tronfio, ma la gente, i cittadini, i malati, i più sfortunati, gli emarginati. Ha accarezzato le teste dei bambini, che sono il futuro di una collettività, ha firmato autografi, si è rivolto direttamente a chi svolge un lavoro e un’attività di impresa. Questo è rivoluzionario, dirompente, forte. Talmente dirompente da spazzare via come uno tsunami decenni di partitocrazia, corruzione e clientelismo che hanno infestato e infestano questa terra sfortunata. E che sia stata un’azione forte, incisiva e potente lo ha dimostrato il silenzio delle Autorità con la A maiuscola, quelle del cerimoniale della Prefettura. Sintomatica è stata poi la reazione di un membro del protocollo prefettizio, uno di quelli che all’ambito elenco ci era giunto da poco, a 64 anni e con molta fatica. In un comunicato surreale il neo eletto presidente della Camera di commercio di Campobasso, Paolo Spina si lamentava perché non era stato invitato all’incontro con le imprese del Papa perché al Papa avrebbe detto tante cose. Sfugge a Spina che quelle cose, da semplice cittadino e da operatore economico gliele avrebbe potute comunque dire. Da un rappresentante di una Istituzione (peraltro in via di soppressione fortunatamente per noi) con la I maiuscola, nella veste di una Autorità con la A maiuscola invece Bergoglio queste cose non le vuole sentire. Ma quella di Spina, evidentemente un sostenitore del cerimoniale della Prefettura e dell’Autorità costituita, è stata la reazione d’istinto, forse ingenua e quasi trasecolata, del potere costituito ad un percorso che il potere costituito minaccia e mette in pericolo. Gli altri, invece, hanno abbozzato e hanno osservato il silenzio, mai come in questo caso religioso. Nell’analisi delle conseguenze politiche della visita di Papa Francesco non può poi mancare una notazione su chi, nei fatti, ha dimostrato una grandissima leadership a livello molisano. Stiamo parlando ovviamente di Padre Gian Carlo Bregantini, Vescovo di Campobasso e mente organizzativa e mediatica della visita in Molise del Papa. Bregantini ha dato le piste, ha distaccato di anni luce, in spessore e capacità politico-organizzative, tutto il protocollo prefettizio messo insieme. Ha regalato al Molise quanto miliardi di euro sperperati in turismo e falsi progetti di marketing territoriale non hanno regalato in decenni a questa terra. Con un’organizzazione perfetta, inappuntabile ha fatto capire quanto mediocri sono gli uomini che governano questa terra, incapaci di organizzare anche una sagra del pesce o del tortellino al ragù. Ha regalato ai molisani una giornata che ricorderanno per tutta la vita e ha donato loro una speranza che pensavano fosse scomparsa. Con la sua calibrata regia sul territorio ha fatto diventare dirompente il messaggio politico e egalitario che Papa Francesco porta con sé e nella sua anima. E’ stato un grande, quasi di un altro pianeta e spiace solo che, non essendo molisano, prima o poi il suo lavoro in questa regione terminerà. Fosse per me lo proporrei quale sindaco del Molise a vita, uomini di queste capacità non si trovano tutti i giorni. Infine resta il popolo molisano. Che negli anni ha dimostrato, e continua a dimostrare di non essere maturo per la democrazia rappresentativa ed elettiva. Tutta questa gente che sta nel protocollo della Prefettura nella stragrande maggioranza dei casi sta lì perché eletta, a volte addirittura con entusiasmo, dal popolo molisano. Non sono una manica di golpisti, o di autocrati ma persone regolarmente elette in regolari votazioni pubbliche. Papa Francesco ha fatto capire che di tutti questi parassiti se ne può fare a meno, senza rimpianti. E si può così risparmiare un sacco di soldi dei cittadini, perchè nella maggioranza dei casi tutta questa gente sta lì solo per rubare ed appropriarsi i soldi dei cittadini stessi. E con quei soldi si possono avere servizi per i cittadini, una sanità, una giustizia più giusta, trasporti migliori, città più belle e vivibili. Ma devono essere gli stessi cittadini a volerlo. L’arma ce l’hanno e si chiama voto. Spazzassero via i mercanti dal tempio, tanto sono dei guappi di cartone, inutili e pavidi. Eleggessero persone alla Papa Francesco, uomini di potere che però gestiscono il potere per il bene della collettività perché, così facendo, realizzano il loro progetto di una vita piena e degna di essere vissuta. Oggi ai cittadini molisani, con la visita papale, è stata ridata la speranza e tracciata una strada. Il resto spetta a loro, e solamente a loro.
Pietro Colagiovanni