di Stefano Manocchio
L’abbiamo detto cento volte: il turismo in Molise deve partire dalle tradizioni e dalla gastronomia. La frase non è solo nostra, ma compare un po’ in tutte le campagne di comunicazione, oltre ad essere ripetuta in eventi pubblici, mostre, fiere e via discorrendo. Non vogliamo neanche dire che poi non abbia trovato attuazione perché eventi se ne iniziano a vedere, anche se ancora troppo spesso si accavallano o concentrano in una parte del territorio e discapito dell’altra; ma questo rientra nella ‘molisanità’ che ci porta a viaggiare da soli, a difendere il campanile e la parrocchia, per modo di dire e, cioè, a non aggregarci con i vicini per fare un discorso comune.
Il Molise è una regione dal substrato economico debole, quasi rasoterra; l’occupazione si è alimentata con i contratti impiegatizi, i figli raramente hanno ripercorso le orme dei genitori nella libera attività e anche nel settore agricolo. Ora tutto questo si è fermato, paralizzato da una crisi che era già evidente nella fase pre-pandemica e che sembra purtroppo inarrestabile. Di contro si è assistito ad un’evoluzione della cultura dell’accoglienza turistica, che dai tradizionali alberghi si è spostata sui b&b, affittacamere e in pregevoli iniziative di alberghi diffusi; ma in periodo di crisi tutti si buttano dove si prospetta un guadagno e queste formule sono proliferate a dismisura, iniziando a creare un problema di mercato.
Veniamo adesso al lato positivo: non passa giorno senza che la nostra regione finisca sulle cronache nazionali per qualche eccellenza. Quasi sempre si parla di gastronomia, ma anche di ambiente, raramente di innovazione tecnologica; abbiamo artigiani di altissimo livello nelle produzioni alimentari, che incassano premi prestigiosi.
Veniamo alla sintesi di tutto ciò. Qualcosa si sta muovendo, ma non basta, se non viene accompagnato da due fattori: la spinta propulsiva del pubblico e della politica e lo slancio del territorio. La prima, onestamente, s’inizia a vedere perché non sono pochi gli accordi, anche economici, tesi a creare progettazione turistica, ma si è partiti dall’anno zero e si vedono comunque enormi ‘buchi’ nella possibilità d’accoglienza sui grandi numeri.
In questo contesto non si può fare a meno di parlare di Campitello Matese, luogo che sembrerebbe essere colpito da una sorta di maledizione antica, peraltro perpetrata anche in tempi moderni.
Mi spiego meglio. Questa estate la situazione diceva che erano in corso i lavori di manutenzione straordinaria degli impianti di risalita e che si stava provvedendo al consolidamento dei piloni della seggiovia di Colle Del Caprio. Certo uno non si può aspettare che si risolva tutto in breve tempo, ma adesso vediamo che, con la stagione sciistica alle porte, gli impianti sono ancora chiusi e la Colle del Caprio non è ancora collaudata e quando lo sarà forse la stagione sciistica sarà in parte persa, essendo venuto a mancare il flusso turistico forte che si registra tra Natale e l’Epifania.
Mesi addietro, a proposito della presenza molisana alla Bit, che pure ha avuto riscontro di pubblico, facevo notare: “…la considerazione che sorge spontanea è che altri numeri, che pure nei decenni passati qualcosa muovevano, quelli della montagna, sono praticamente scomparsi. Perché?” E ancora: “su Campitello si sono riversati milioni di euro, ma a distanza di qualche decennio il discorso non è decollato: i cannoni sparaneve sono arrivati con anni di ritardo rispetto ai ‘concorrenti’, ci sono stati problemi diffusi con la manutenzione agli impianti, è cambiata più volte la società di gestione delle funivie e via discorrendo. Tutti ostacoli prevedibili ma, non si sa perché, insormontabili. Nel frattempo Roccaraso volava e Campitello arrancava”
Infine: “Negli ultimi anni si è capito che il Molise ha bisogno di ricordare la propria identità territoriale, per non sparire e che economia ed occupazione passano in parte attraverso il rilancio turistico: eppure Campitello è ancora ferma, come fermo è il Parco del Matese di cui si parla da trent’anni. Il disagio viene dalla considerazione che in una regione montana, di fatto la montagna non c’è. .”. Ecco, per analizzare gli errori di programmazione politico-turistica dei decenni passati non basterebbe un libro per farlo; la buona volontà adesso sembra esserci, sul turismo si investe di più e meglio di prima e in alcuni casi, vedi Termoli e la costa, i risultati ci sono, ma ‘manca’ ancora Campitello Matese.
Il turismo in Molise è importante, forse al momento l’unico settore su cui si potrà scommettere in prospettiva futura e non si potrà farlo solo contando sui numeri per fortuna incoraggianti della costa. Il Molise è in prevalenza una regione montuosa e collinare e passata l’eco delle cascate di Carpinone o di quelle di S. Vincenzo al Volturno e Roccamandolfi, le zone interne sono tornate nell’oblio.
Farcele rimanere sarebbe un errore imperdonabile.