Dal numero di venerdì 27 settembre 2013 il Settimanale del Molise si presenta in una nuova veste grafica e soprattutto in quadricromia, ossia detto più banalmente a colori. Si tratta di una scelta coraggiosa, in tempi di crisi e in un quadro di inevitabile declino della carta stampata in favore dei mezzi telematici ed elettronici, e quindi potremmo decidere di suonare la grancassa dell’autocelebrazione. Una tentazione molto forte specie se si considera per che cosa in Molise ci si autocelebra. Ma quello che ci ha sempre spaventato è la banalità e siccome autocelebrarsi è attività sommamente banale e noiosa, la risparmiamo ai nostri lettori. Ciò non toglie che questa nostra scelta possa fornire il destro per qualche riflessione più ampia, sul ruolo che un piccolo gruppo editoriale come il nostro (oltre al Settimanale del Molise curiamo il telematico regionale www.informamolise.com e quello di informazione economica www.negozioperleimprese.it) può svolgere e, soprattutto, prova a svolgere.
Sempre per schivare banalità e luoghi comuni potremmo a questo punto iniziare una lunga tiritera sul fatto che siamo indipendenti. Tutti sono indipendenti, tutti sono liberi e, per citare una canzone dei CCCP di Giovanni Lindo Ferretti, tutti hanno anche le palle democratiche e popolari. Essere indipendenti non significa nulla. Essere indipendenti da chi o da cosa, poi non si sa. Il punto è che funzione si vuole svolgere in una comunità maneggiando, si spera secondo regole di professionalità, quel prodotto delicatissimo che è l’informazione. Da qui si può fare un discorso meno banale e forse più produttivo. La sensazione è che molti organi di informazione (tradizionali, retrò, innovativi, supertelematici o a bandalarga) svolgono funzioni diverse da quelle per le quali un organo di informazione nasce. Che poi continui a chiamarti indipendente non significa assolutamente nulla. Un organo di informazione, e qui la banalità è inevitabile, nasce per informare. Per dire e raccontare la realtà. Ma come ci insegnano le teorie della fisica moderna raccontare la realtà, descriverla non è mai un atto neutro. L’osservatore influenza l’osservato e viceversa. Quindi un organo di informazione inevitabilmente descrive il mondo ma fornisce anche la propria visione del mondo. Ed è qui che si apre il problema della funzione della comunicazione. Se nel descrivere la realtà sei influenzato da una funzione pressante che altera la tua visione del mondo, quello che racconterai non sarà equilibrato. Sarà una forzatura. Se, per dirla in soldoni, dipendi da un uomo politico ( o di potere) la tua narrazione del mondo sarà funzionale a quell’uomo politico perché da essa dipende la tua esistenza. Ma l’uomo politico non adotta una narrazione del mondo finalizzata ad informare. L’uomo politico adotta il discorso del potere, dell’acquisizione di posizioni da cui può utilizzare mezzi e persone per raggiungere le proprie finalità. Attenzione. Il discorso del potere non implica necessariamente la ruberia o l’illiceità, si tratta di una narrazione del mondo perfettamente lecita. Che poi in Italia e nel Molise una larga fetta di uomini politici abbiamo identificato le finalità del discorso del potere col mettersi in tasca soldi e ricchezze, beh questa è solo una degenerazione di un sistema marcio. Ma il discorso del potere è inconciliabile con la narrazione il più possibile equilibrata (non oggettiva perchè è impossibile) della realtà. E quindi gli organi di informazione che dipendono dal potere (politico od economico è la stessa cosa) non fanno informazione ma fanno un’altra cosa, fanno propaganda, pubblicità occulta, valorizzazione di una parte per il tutto. Manipolano le informazioni per far acquisire a chi detiene il potere altro potere, conducendo per manina i lettori (ascoltatori, spettatori o consultatori web) a mettere a disposizione la loro volontà (o negli stati democratici il voto) al potere che muove gli stessi organi di informazione. Ecco, a noi tutto questo non piace e, soprattutto, non interessa. Non abbiamo politici alle spalle, non abbiamo potentati economici alle spalle e quindi possiamo fare un altro discorso. Attenzione però. Per fare questo è necessario organizzarsi, perché fare informazione costa. Nel mondo non esistono pasti gratis. L’economia è la struttura della nostra vita e della nostra società e anche l’informazione non può sfuggire a queste ferrea legge di natura. Ed è qui che il nostro piccolo gruppo editoriale si differenzia da molti (non tutti ovviamente) che offrono informazione. Noi abbiamo una weltanschauung, per semplificare, una immagine del mondo molto precisa. Chi ci segue già la conosce e non lo tedieremo molto. Siamo convinti che, con l’avvento della tecnologia e con l’aumento della capacità di calcolo, l’economia stia cambiando e con essa la società e il mondo. E ovviamente anche l’informazione. Siamo convinti che in Italia come in Molise ci saranno momenti traumatici di cambio da un sistema marcio ad un nuovo sistema. Siamo convinti che il mondo che ci attende è un mondo in cui avrà possibilità di sviluppo solo chi offre valore aggiunto alle persone e ai membri della collettività. Le macchine, infatti, per una frazione di centesimo stanno sostituendo gli uomini nei lavori più banali. Andiamo verso un mondo più meritocratico e più impegnativo. E conseguentemente stiamo guardando con simpatia tutti quei fenomeni che cercando di accelerare la caduta del vecchio sistema, incluse le manifestazioni organizzate davanti al Consiglio regionale E questo non perché il vecchio sistema sia cattivo (il giudizio etico spesso depotenzia la mera forza della realtà , creando alibi inutili a chi non vuole cambiare) ma solamente perché è superato, inefficiente, squilibrato e penalizzante. Ed ovviamente prima di poter offrire soluzioni agli altri dobbiamo organizzarci noi in sintonia con la nostra visione del mondo. Ed ecco perché abbiamo avviato il giornale a colori. Ecco perché ci siamo organizzati in modo da avere costi pagati da persone che, con l’abbonamento, l’acquisto del giornale o con la piccola inserzione ci danno fiducia, ci aiutano, a volte ci entusiasmano, ma non possono imporci un discorso, come quello del potere che snatura la nostra funzione. Ecco perché il nostro giornale vuole essere utile a tutti se tutti ci aiutano a raccontare la realtà, a prescindere dalla provenienza, dal credo, dalla militanza o dalla religione. Noi vogliamo raccontare il mondo che verrà, e lo vogliamo fare ogni giorno di più in modo completo, attento e professionale. Vogliamo essere utili con il nostro lavoro alla comunità in cui operiamo perché è questa la nostra visione del mondo, una visione che portiamo avanti da oltre venti anni. E che, ne siamo certi, nei prossimi tempi si dispiegherà in tutta la sua dirompente evidenza.