Le proteste contro l’attuale sistema politico-economico cominciano ad assumere forme più strutturate ed organizzate. Perfino nel Molise un assembramento di cittadini martedì ha iniziato la propria protesta, quali cittadini indignati, davanti il cancello del Consiglio regionale del Molise. Poca roba se misurato con il metro delle partecipazioni popolari ad eventi politici, significativo evento se misurato con il metro della storia molisana, perennemente e acriticamente succube del potere costituito siano essi i Borboni o i feudatari della marca del Molise. Il punto di flesso di un sistema marcito si avvicina e nessuno sembra in grado di evitare gli inevitabili traumi, sociali e personali, che lo stesso comporterà. Nessuno se ne preoccupa, tutti sono convinti, sotto sotto, che si tratti solo di una nottata che deve passare ma, purtroppo, non è così.
Il nuovo ordine economico, fondato sulla efficienza e non più redistributivo, come uno tsunami sta travolgendo certezze consolidate da decenni se non da secoli. Serve una nuova classe dirigente, completamente diversa, culturalmente prima che operativamente, dal passato.
A livello sistemico, infatti, assistiamo con sempre maggiore chiarezza a due forze in ostinata contrapposizione. C’è una elite del potere che resiste, oltre ogni ragionevole necessità, alla necessità di cambiare. Si tratta di una elite che non ha colore partitico, pervasiva. Si tratta di una elite non solo solo politica ma anche economica e sociale. Si tratta di consiglieri regionali o di onorevoli ma anche di dirigenti, di imprenditori succubi della politica, di giornalisti cinghie di trasmissione delle elite, di dirigenti di enti e di associazioni, di sindacalisti e di medici, di magistrati come di controllori. Hanno dalla loro l’indisturbata gestione del potere e dei soldi che il potere inevitabilmente comporta, la tranquillità di avere uno scenario psicologicamente confortante perché stabile da generazioni, l’orgoglio del ruolo e del disporre di uomini e cose. Hanno forza, hanno eserciti, hanno munizioni ma, purtroppo per loro, stanno dalla parte sbagliata. Non c’è esercito, non c’è arsenale che possa opporsi allo tsunami della storia, allo sviluppo di nuove tecnologie, alla banalizzazione e alla sostituzione del lavoro fisico con le macchine, all’azzeramento delle asimmetrie informative grazie alla diffusione della rete e di internet. Si dovranno arrendere, ma intanto combattono e uccidono, fanno danni e non vogliono trattare alcuna resa. Dall’altra ci sono i confusi, confusionari, a volte nemmeno sinceri propagatori del mondo nuovo che verrà. Ci sono indignati, cinque stelle, occupy wall street e sostenitori di wikileaks, pirati e estremisti pericolosi, forse criminali. C’è di tutto e sono un problema anche loro. L’assalto ai cancelli sarà pure un gesto liberatorio ma è un gesto eminentemente caotico, a sua volta portatore di distruzione. Certo il vecchio sistema va smantellato e prima si smantella meglio è per tutti. Ma l’ostinazione alla resistenza porta anche alla violenza inconsulta dall’altro lato. Con un duplice pericolo. Il primo è quello di un trauma violentissimo, con l’affermarsi di un pensiero volto solo alla rimozione, alla demolizione ma non proiettato alla costruzione una volta rimosso il sistema marcio. Il secondo è la prosecuzione dell’agonia. L’elite al potere infatti è affinata e organizzata da decenni di addestramento alla gestione di mezzi e cose. Una banda di sbandati spontaneisti, se non organizzati, viene con facilità fagocitata da un apparato di repressione/controllo creato in decenni di esercizio. E quindi l’elite pensa di vincere,e vince una battaglia, si rincuora, si estremizza, Si invocano nuove lealtà all’ordine costituito perché gli insorti sono disorganizzati, sparsi, a volte anche violenti e pericolosi. Il sistema di comunicazione propaganda stabilità e continuità, ma la guerra è, da tempo, ormai irrimediabilmente persa. E così si va avanti con continue fibrillazioni, sofferenze, ingiustizie e moti sociali. Per evitare questo bagno di sangue e rimuovere in modo ordinato l’elite al potere, in Italia come in Molise (con un ovvio peggioramento complessivo di capacità e di analisi) è necessario selezionare una nuova elite capace di creare ed elaborare un approccio ordinato, benché rapido, al cambiamento. Nel Molise alcune individualità, alcune sensibilità sono disponibili, anche nel perimetro del sistema di potere tradizionale, e devono avere il coraggio di assumere la guida del processo. Diceva Lenin che nessuna rivoluzione avrà mai successo se non viene strutturata da veri professionisti della rivoluzione stessa. La rabbia cieca vale come uno sfogo ma paradossalmente rafforza il sistema, perché non incide sui meccanismi di potere reali, non visibili ad occhio nudo. Il Molise è piccolo e non sono necessari molti soggetti per incidere sul processo e per strutturarlo in modo adeguato. Siamo convinti che questa piccola terra, se ha la fortuna di individuare questa leadership, ha un grandissimo futuro. Perché il mondo che verrà è un mondo fondato sulla varietà differenziata, sulla complessità strutturata e funzionale, sull’agilità del movimento e non sulla pesantezza dei sistemi. E il Molise è vario, è piccolo e variegato. Se trova le persone giuste può far dimenticare ai suoi abitanti i tanti secoli di servaggio, di sudditanza e i 50 anni di democrazia cleptocrate e inefficiente che ha dovuto subire.