di Stefano Manocchio
Subito dopo la profonda tristezza per la morte di Papa Benedetto XVI sono tornati i ricordi della visita in Molise, nel 1997, di quello che allora era ‘solo’ il prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, cioè il gestore di uno dei 2 o 3 incarichi più prestigiosi (ma soprattutto di maggior potere) della Chiesa, ma ancora lontano dall’indossare gli abiti bianchi del papato.
E’ stata l’unica volta in cui ho avuto l’opportunità di vedere dal vivo il Papa emerito Benedetto XVI, quando era ancora cardinale. Joseph Aloisius Ratzinger allora partecipò ad un importante evento religioso presso il Santuario di Castelpetroso e io fui mandato dal responsabile della redazione molisana de Il Tempo per realizzare un servizio giornalistico. Il ricordo di quella giornata è indelebile, forte e carico di buoni sentimenti nella mia memoria ed è sintetizzato nell’articolo che realizzai allora. In verità mi trovavo in una situazione di privilegio, visto che in quel periodo svolgevo attività di volontariato giornalistico presso l’Ufficio per le Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Campobasso-Bojano sotto la guida del compianto mons. Ettore di Filippo e con la consulenza spirituale di mons. Angelo Spina, poi divenuto anch’egli vescovo di grande prestigio. Fu proprio quella mia posizione a permettermi di essere presente alla prima parte di un conviviale allo stesso tavolo dell’alto prelato. Io, da credente con vari interessi intellettuali sul tema del mistero e della spiritualità non persi l’occasione per sgombrare il campo da una serie di dubbi teologici, visto che ero alla presenza di uno dei massimi intellettuali e teologi al servizio della Chiesa di quel periodo.
Il cardinale era arrivato in Molise preceduto dalla sua fama di grande teologo, ma soprattutto di uomo di grande potere spirituale. Mi sarei immaginato di vedere una persona silenziosa e poco disponibile ad ascoltare o parlare con i comuni mortali; alla fine Ratzinger mi spiazzò con risposte nette e chiare, come se di fronte non avesse avuto un estraneo, ma soprattutto mi meravigliò il tempo che dedicò alle mie domande così diverse dal tema del giorno. In quel momento all’uomo di Chiesa si era affiancato l’ex-professore universitario, che deve spiegare nella maniera più precisa ma anche trasparente possibile. La chiacchierata finì lasciando in me un senso a metà strada tra l’ammirazione e la voglia di sapere ancora altro.
Ratzinger aveva riportato tutto a continui riferimenti storici, a testimonianza dell’ampia cultura in suo possesso, ma aveva anche fatto esempi pratici; per alcuni minuti parlammo anche del Molise e quello era un tema non contemplato nella scaletta di quella riunione. Mi era risultato più semplice fare domande a lui che ad un qualunque personaggio molisano; del resto è dei grandi l’essere chiari e disponibili al dialogo con chiunque.
Eravamo nel periodo che precedeva il Giubileo del 2000 ed in Molise vennero importanti esponenti della Chiesa (il card. Ruini, il card. Fagiolo e appunto il card. Ratzinger); ma quella visita fu particolare, per la regione ed i presenti.
Tornai a casa con la convinzione di un uomo di chiesa che aveva un carisma particolare. Per tutto ciò forse un predestinato al soglio pontificio.