Se si riesce a perforare la impenetrabile nebbia creata ad hoc dal micidiale sistema di propaganda dei giornali e delle televisioni italiani la verità di quanto sta avvenendo riluce con la chiarezza di un sole mattutino. La situazione è limpida, anche se i suoi esiti sono ancora imprevedibili, specie nella variabile del tempo. In Italia, come in tutto il sistema occidentale o cosiddetto capitalistico, si sta giocando una battaglia di potere formidabile, a sua volta determinata dal cambio della struttura produttiva ed economica di fondo. L’aumentato potere di calcolo delle macchine, dei robot e dei computer sta portando ad uno stravolgimento di fondo dell’economia mondiale. Un computer, Watson della Ibm, ha battuto un concorrente in carne ed ossa, peraltro abilissimo, un vero campione, in un quiz televisivo americano rispondendo meglio dell’essere umano a domande di cultura generale.
Si tratta di un computer che impara, velocissimo e che può commettere anche errori (come ha fatto anche nello show televisivo, sbagliando il nome di un aereoporto) ma che in ogni caso svolge compiti finora svolti dall’uomo, in modo meno costoso, più veloce e con maggiore affidabilità. Watson, Internet, Asimo (il robot che cammina), i microchip sempre più potenti e mille altre cose stanno cambiando l’economia (i rapporti quantitativi tra gli uomini) e conseguentemente la società. Ma lo stanno facendo nel profondo, in modo silenzioso e poco perscrutabile. Gli assetti di potere delle società (non solo quelli politici) non percepiscono tale mutamento e non pongono rimedi ai traumi che un transito non guidato può comportare alla società. Non lo fanno perché essenzialmente le elite al potere, in Italia, in Europa e nel mondo non hanno alcun interesse a farlo. I loro privilegi, il loro danaro, il loro futuro è radicato nel vecchio sistema (che chiameremo redistributivo) e quindi il nuovo mondo fa loro paura, perché essenzialmente non è il loro mondo. Non sono competitivi, non saprebbero che fare e soprattutto non potrebbero contare sugli agi e sul danaro che oggi la loro posizione gli assegna. E quindi che fanno? Cercano di conservare il sistema in via di superamento e reagiscono, in alcuni casi, a chi si fa portatore del cambiamento. Sono quindi conservatori, per usare vecchie terminologie politiche e in molti casi veri e propri reazionari. Dall’altra parte, spesso disorganizzati, a volte puramente viscerali (perché sentono il cambiamento ma non hanno intelligenza dello stesso) a volte intuitivi e geniali, a volte ambiziosi di spazi che il sistema tradizionale non gli fornisce ci sono coloro che vogliono innovare il sistema, farlo progredire per adeguarlo al mutato stato di cose dell’economia. Sono i veri progressisti, sempre per usare terminologie care al dibattito politico tradizionale. La lotta tra conservatori e progressisti è ciò che sta accadendo in Europa ed in Italia ed è la chiave di lettura indispensabile per leggere la realtà quotidiana. Ovviamente conservatori e progressisti sono categorie oggi completamente avulse dalle tradizionali appartenenze di schieramento politico, che ascriveva al cosiddetto centro destra il ruolo di conservatore, al cosiddetto centro sinistra quello di progressista. Queste sono bandiere da tornei medievali, da rievocazioni storiche e folkloristiche ma con la realtà viva dell’agire politico attuale non c’entrano nulla. Si può stare nel cosiddetto centro destra tradizionale ed essere progressisti ed innovatori e si può invece essere formalmente del partito comunista o di movimenti di sinistra più accesa ed essere dei conservatori e dei reazionari. Oggi comunque in Italia il potere è in mano ai conservatori che non hanno alcuna intenzione di mollarlo. Il governo di larghe intese di Enrico Letta, con la regia di un reazionario intelligente e di grande scuola politica come Giorgio Napolitano (si ricordi quanto dichiarò con l’invasione sovietica dell’Ungheria: “si tratta di un modo per preservare la stabilità” e dopo 57 anni non ha cambiato in nulla il suo pensiero) è un governo di conservatori. Conservatori che hanno dalla loro una sterminata disponibilità di mezzi. La stampa, le televisioni, i grandi giornali sono tutti con loro. L’Unione Europea, la cancelleria tedesca (che è quella che in Europa comanda) sono con loro. L’America di Obama, i suoi servizi segreti sono con loro. Sulla carta quindi non c’è partita. Ma il punto è che la vittoria non dipende da loro, perchè la vittoria è già scritta. Watson alla fine vincerà e loro con Watson perdono senza neanche lottare. Watson li fa a pezzi, li rimanda a casa perché Watson è stato programmato per dare risposte utili e vere ai problemi della gente. Watson, infatti, oltre ai quiz televisivi viene impiegato per cercare, nel suo immenso database, risposte efficaci per la cura del cancro al polmone. Watson serve per verificare quali binari, su 32.000 chilometri della rete ferroviaria americana, stanno per logorarsi, indicando quali riparare ed evitando così disastri, incidenti e perdite di vite umane. Watson non è interessato al decreto del fare, che non serve a nulla ma fa tanta scena, non si interessa di appalti alla Rai, non si appassiona a Banca Intesa, alla Tassara di Roman Zaleski, agli appalti per acquistare navi italo francesi che all’Italia costeranno il doppio che al partner francese. No, Watson è programmato solo per essere efficiente e utile. Loro sono programmati invece per essere utili a se stessi e alle loro famiglie ma l’efficienza non è nei loro radar. Il mondo va però verso Watson e, con tutto il rispetto, non verso Enrico Letta. E alla fine il rischio è che ci governi Watson o un suo emulo e non un uomo in carne ed ossa. E questo è davvero pericoloso. In Italia comunque i progressisti ci sono. Il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo ne è un esempio concreto. Ma Grillo è per i conservatori meno pericoloso di quanto si pensi. Lo domano, lo ridicolizzano con tutta la potenza di fuoco informativo di cui dispongono. Non è uno di loro, non si annida tra di loro, alla fine non li conosce neanche troppo bene. Molto più pericoloso, invece, è Matteo Renzi, perchè Renzi è uno di loro è stato educato come loro, conosce il loro modo di pensare. Ciononostante Renzi, forse per ambizione, forse per intelligenza, forse per le due cose messe insieme ha capito da che parte tirava il vento, ha capito che c’era Watson. Ed è diventato anche lui un progressista, sia pure più moderato e meno iconoclasta di Grillo. Se cede però alle lusinghe dei suoi vecchi compagni di avventura, se va a fare il segretario del Pd senza contare una cippa sul governo nazionale, i conservatori avranno vinto un’altra battaglia. Ma la loro guerra resterà comunque e inesorabilmente persa.