50 anni, ed è tempo di festeggiamenti. Saggiamente, però, la Regione e la Presidenza del Consiglio hanno deciso di dare al tutto un tono più austero, prevedendo per il mezzo secolo dell’autonomia tre convegni cui parteciperanno ministri ed esponenti di spicco del governo nazionale. Ci saranno così finalmente risparmiati i concerti riservati ai vip e, speriamo noi, la ributtante tradizione del buffet magna magna riservato ai soli ex consiglieri regionali del Molise, che si attovagliavano lautamente a spese del contribuente, non paghi dell’immeritato vitalizio pagatogli (speriamo oggi puntualmente, dopo le forti rimostranze dei mesi scorsi) dal popolo molisano. Detto questo, e apprezzato lo spirito e il metodo, resta il problema del merito. C’è qualcosa da festeggiare dopo 50 anni di autonomia e, soprattutto, ci sarà ancora da festeggiare in futuro?
Il giudizio sui 50 anni di autonomia è implacabilmente negativo. Rispetto alle condizioni di partenza, certo, il Molise di oggi è diverso e migliore di quello di 50 anni fa. Un popolo sparso in campi improduttivi e aridi è diventato oggi una comunità che gode di un tenore di vita non dissimile da quello di territori a cosiddetta economia avanzata. Ma, fatta questa doverosa precisazione, tutto il resto lascia molto, se non moltissimo, a desiderare. Il Molise si è evoluto essenzialmente grazie ad aiuti pubblici, a soldi che hanno irrorato il suo territorio ma la cui fonte non era nel suo territorio. Una formidabile messe di aiuti economici che hanno avuto una resa bassissima. Rispetto a quanto ci è stato erogato la semplice constatazione che non abbiamo problemi di alimentazione quotidiana, abbiamo un tetto ed un’automobile diventa, francamente, piuttosto risibile. E come se ti danno cinque milioni di euro e tu sei contento perché il tuo vestito non ha più le pezze al sedere.Con tutti quei soldi si poteva fare ben altro, creare un territorio ricco e attrattivo, con adeguate infrastrutture e qualche specializzazione produttiva che mettesse in luce le qualità dei suoi abitanti. Oggi invece il Molise è un territorio con poche infrastrutture, neanche di buon livello o con buona manutenzione in cui la gente campa o campicchia con lavori pubblici o parapubblici. Culturalmente poi il Molise è un disastro. Basti pensare che la cifra del molisano medio è l’invidia (io non faccio niente ma la cosa più importante è che non faccia niente, o non abbia successo il mio vicino di casa) per capire come questa società sia messa davvero male. E quindi in questi 50 anni c’è stato uno spreco di risorse enorme, incredibile, forsennato. Come mai?
Il motivo è semplice. La classe dirigente er (ed è, per larghi versi) completamente inadeguata. Si è trattato per lo più di gente affamata, assetata di ricchezze che finora aveva solo potuto immaginare. Di gente poco ambiziosa ma dallo stomaco vorace, che non vedeva molto oltre il proprio arricchimento personale. Spesso priva anche di istruzione formale, a volte completamente ottusa o mononeuronale. E quei soldi, quel fiume di soldi sono stati affidati proprio a questo genere di classe politica e dirigenziale locale (non smetteremo mai di sottolineare come i danni maggiori non sono neanche dei politici ma dei dirigenti, che non rispondono nemmeno ad un elettorato). E la medesima classe politica e dirigenziale anziché usarli per lo sviluppo della comunità li ha sostanzialmente redistribuiti a se stessa, lasciando solo le briciole per le opere e i servizi in favore della gente. Insomma siamo stati governati (con le solite, poche ma lodevoli eccezioni) da un branco di ignoranti assetati di potere e ricchezze, totalmente inadeguati al compito nobile che la carta costituzionale assegna alle autonomie politiche e territoriali. Detto questo e precisato che per l’immediato futuro non si scorgono grossi cambi di passo, il futuro per il Molise è praticamente segnato. Come andrà a finire? Continueremo ad avere gonfaloni e bandiere, per carità, nessuno va a toccare l’identità stessa di una comunità (e in questo quelli che parlano ad ogni piè sospinto di macroregioni fanno un po’ sorridere). Nessuno vuole una seconda Jugoslavia e poi oggi i meccanismi del potere prescindono da nomi, lingue e cartine geografiche. Solo che il Molise resterà come un momento folkloristico, con presidenti e consigli sempre più addobbati ma sempre meno ricchi di funzioni e di potere.
Le istituzioni molisane saranno sempre più retoriche, dovranno essere scritte in maiuscolo e magari ci sarà pure un giuramento di fedeltà alla molisanità e alla sua autonomia. In pratica però il Molise e le sue istituzioni non conteranno più una mazza. Già con la sanità (il 20% del prodotto interno lordo molisano) c’è un commissario, che è il Presidente della Regione, ma a decidere soldi, acquisti, appalti, carriere spostamenti sono i tavoli romani Massicci e di grande spessore o i Ruta non molisani. Il Molise diventerà una rappresentazione, una liturgia evocativa priva di effetti pratici nella realtà. Sarà progressivamente svuotato di ogni polpa economica e decisionale fino a diventare un enorme teatro dei pupi, dove le Istituzioni (con la I ma magari anche la S o la T maiuscole) saranno marionette di chi, fuori dal Molise tirerà i fili e detterà la trama. Per chiudere e non cadere nel vittimismo: se si è arrivati a tanto è solo ed esclusivamente per colpa nostra, anche perché in tutti questi anni i politici (che sono poi quelli che scelgono i dirigenti) li abbiamo sempre votati e selezionati noi, spesso anche con entusiasmo e soddisfazione.