Sulla vicenda del riordino della formazione professionale nel Molise si scrive e si sente di tutto. Ma la realtà di ogni giorno, e noi possiamo parlarne con cognizione di causa (nel gruppo Terminus è attivo un ente di formazione professionale accreditato), è ben diversa dai tanti proclami e dalle tante chiacchiere che politici, sindacalisti e materiale di rincalzo del sottobosco molisano versano ogni giorno. Per far capire ai nostri lettori di cosa stiamo parlando bisogna partire da alcune verità. Primo: la formazione professionale nel Molise è servita nei decenni soprattutto per creare clientele, dispensare soldi pubblici, raccogliere voti e consensi. L’obiettivo reale della formazione professionale è invece un altro: creare capacità di lavoro, addestrare persone al lavoro e,soprattutto, creare posti di lavoro. Nel Molise questa è una chimera. Se si prendono i corsi di formazione professionale finanziati dalla Regione, dallo Stato e dall’Unione Europea negli ultimi dieci anni, si immettono gli elenchi di tutti i corsisti e si fa una verifica incrociata su quanti, grazie a questi corsi, hanno trovato un lavoro i risultati si pongono in percentuale a cifra singola, ossia sotto al 10%, un fallimento. Seconda verità: esiste un problema occupazionale del settore formazione professionale. In pratica ci sono molti lavoratori, oltre 80, iscritti in un albo degli operatori della formazione professionale che rischiano di non avere più uno stipendio. Si tratta di un problema noto, e anche doloroso. Negli anni gli esuberi degli antichi enti della formazione sono costati alla Regione milioni di euro. Progetti sconclusionati e senza senso, come il famoso Sirio Driving Forces, meglio conosciuto come Compal hanno permesso di continuare a mantenere questo personale impegnato. Oggi gli ultimi contratti stanno per scadere e la protesta dei lavoratori monta. Gli esuberi non sono solo questi, anche se questi sono quelli più urgenti.
La Formazione professionale infatti vive anche su un elefantiaco apparato burocratico pubblico, ridondante e poco efficiente. Anche li ci sono esuberi importanti e il mancato prosieguo dei contratti precari (spesso con persone che davvero hanno maturato professionalità e sensibilità nel settore) è solo la prima tappa di un percorso doloroso ma inevitabile.
Terza verità: la formazione professionale è una risorsa che va gestita con efficienza e non con metodi statalisti. Negli ultimi tempi operatori privati specializzati (e noi tra loro) sono nati anche nel Molise. La loro è una logica di impresa, giocata sull’efficienza, il rispetto delle regole e la capacità di fornire servizi efficaci, creando occupazione e reddito. Ovviamente questi enti vedono come il fumo negli occhi la burocrazia e la logica del consenso politico, dello scambio con il politico per raccogliere voti in cambio di docenze, avere corsi a catalogo per poi contraccambiare con potenti macchine di gestione dei voti e delle preferenze. No, questo non interessa affatto. E quindi si apre un conflitto. Questi enti, ma pochi lo sanno, offrono servizi di formazione a molti partecipanti che provengono da fuori regione. Sono persone che vengono in Molise, pagano di tasca loro i corsi, consumano in Molise per un mese o due, spesso prendono un alloggio, e sono fonti di reddito e di conoscenza della nostra regione preziosa e fondamentale.
Bene. E cosa fa la Regione allora? Essendo ancora la formazione tutta puntata sul consenso politico, sul puzzolente ed equivoco scambio fondi pubblici – voti pubblici ostacola in ogni modo il lavoro di questi privati. Addirittura paventa restrizioni alle autorizzazioni di questi corsi in base a non meglio precisate esigenze di programmazione socio economica degne dei piani quinquennali dell’Unione Sovietica. Così il sistema non funziona e bisogna cambiare subito, come cultura e come metodo. In primis gli esuberi, incluso quelli dell’albo degli operatori della formazione, vanno trattati come un problema sociale e non come un problema della formazione. Non si possono finanziare attività con i fondi della formazione per concedere una cassa integrazione mascherata.
Eventualmente si concedano a questi operatori dei vantaggi nell’assunzione presso imprese private o altrimenti si faccia carico del loro futuro il welfare regionale. Non è giusto che siano lasciati in mezzo ad una strada, non è giusto neanche che si affondi la formazione professionale per continuare a svolgere un lavoro che non c’è più. Secondo: anziché fare leggi di riforma di cui nessuno sente il bisogno si valorizzi il merito, si premino gli enti che creano, dati alla mano, più occupazione e che sono capaci anche di attrarre studenti di fuori regione. Gli enti sono circa 50 e non sono tutti uguali. Ultimo consiglio: si cambi pagina rispetto alle pratiche consociative e clientelari che da oltre quaranta anni hanno incancrenito tre generazioni di molisani e non hanno permesso alla formazione professionale di svolgere il suo prezioso e delicatissimo ruolo. (Pietro Colagiovanni)