Welfare, Opportunità su cui investire

Un interessantissima ricerca dal titolo”l’industria del Welfare:settore trainante per la
crescita del Paese” presentata da MBS Consulting, in un convegno tenutosi nella
Sala Aldo Moro della Camera dei deputati con interventi qualificati di onorevoli facenti
parte del gruppo della Sussidiarietà; On.li. A. Palmieri, R. Vignali, S. Baldelli, E.
Patriarca, G. Picchi,con il contributo dei prof. M. Calderini e M. Magatti. Arriva a
risultati strabilianti, facendo un quadro preciso sull’opportunità dell’industria del
Welfare familiare che vale 109,3 miliardi di euro ,pari al 6,5%del PIL.
Dove c’è maggiore debolezza economica, il 56% dei nuclei familiari, rinuncia alle
prestazioni essenziali, 9,3 milioni di famiglie (36,7% del totale) dichiarano di aver fatto
delle rinunce, parziali o totali, alle cure,da questo dato viene fuori un’urgenza di
cambiare marcia, determinata dalla crescente fragilità sociale in cui oggi si muove la
società italiana,che porta a rinunciare alle prestazioni essenziali come le cure
sanitarie(58,9%),l’assistenza agli anziani e non autosufficienti il (76,2%),i servizi per
la cura dei figli (54,8%),a spese per la cultura e il tempo libero. Dal documento
emerge che ogni anno;fatto 29.674 euro il valore medio dei redditi familiari netti nel
campione analizzato, il 14,6% di esso (ovvero 4.328 euro) viene dedicato al
Welfare,tre quarti che vanno in consumi (22.761 euro) e 2.585 euro al risparmio.
Una delle problematiche del welfare italiano è che il suo peso nel bilancio familiare
sale con il diminuire del reddito complessivo.
La ricerca analizzale famiglie in base al reddito, quelle in che sono di più in
condizione di debolezza (13.635 euro di reddito familiare netto), fino a quelle più
agiate (68.709 euro), passando per i livelli di autosufficienza (25.699), medio
(31.506), benessere (41.920).
Viene fuori che le famiglie più povere, del tutto prive di capacità di risparmio, devono
spendere un quinto dei propri guadagni per accedere a servizi essenziali; salute e
istruzione, e trasporto per recarsi al lavoro.
La contrazione delle prestazioni sanitarie pubbliche degli ultimi anni,frutto dei tagli
alla spesa,e quella che mette di più in difficoltà i nuclei: l’82% delle famiglie in
condizione di debolezza e il 69% del segmento dell’autosufficienza dichiarano di
avere affrontato con difficoltà le spese per la salute.La conseguenza è che 9,3 milioni
di famiglie (36,7% del totale) dichiarano di aver fatto delle rinunce, parziali o totali,
alle cure.
A costoro si aggiungono le famiglie che, pur essendo riuscite a pagarsi le cure, a
causa del reddito insufficiente hanno dovuto intaccare il patrimonio (17,5%) o fare
ricorso all’aiuto di familiari (8,1%)”.
Di cosa si sono private le famiglie? prima di tutto le cure odontoiatriche (con una
rinuncia parziale o totale del 45,7%, e addirittura una rinuncia totale del 24,1%);
hanno rinunciato alle visite specialistiche (35,4%) e agli esami di prevenzione (31%),
l’assistenza poi visto i tagli maggiori,le famiglie con persone non autosufficienti, che
riguarda 1,76 milioni di nuclei.
Oltre quattro famiglie su dieci sono costrette a rinunciare a baby sitter (52,4%), asilo
nido o scuola materna (19%), e “altri servizi” (38,2%), attività integrative come corsi
specifici (59,1%) e gite scolastiche (32,2%).
E’ ingiustificabile che 9,3 milioni di famiglie (36,7% del totale) abbiano rinunciato,
parzialmente o totalmente, alle cure sanitarie.
Non è sostenibile ed che un Paese che prevede la gratuità della scuola dell’obbligo
ben il 76% delle famiglie riferisca di avere sostenuto “con difficoltà” le spese per
l’istruzione rinunciando per i figli parzialmente o totalmente alla spesa per cultura,
sport e tempo libero con tassi di rinuncia che variano dal 50,5% delle famiglie meno
abbienti al 15,3% delle famiglie agiate.
Alfredo Magnifico
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