La crisi economica ci ha fatto capire che si rende necessaria una revisione del sistema degli ammortizzatori sociali, la crisi generata dalla pandemia ha messo in luce le debolezze storiche del nostro sistema di tutele, la crisi di Governo offre l’occasione importante per avviare una discussione sul mercato del lavoro.
La scelta, giustissima, di bloccare i licenziamenti, ha determinato l’espulsione dal lavoro di tutti quei lavoratori che non avevano contratti a tempo indeterminato, per cui si sono andate a sommare ingiustizie a diseguaglianze preesistenti con il risultato che chi già era poco tutelato si è visto senza garanzie ,sbattuto in mezzo alla strada e chi aveva strumenti di tutela li ha visti rafforzati con interventi legislativi.
I dati delle comunicazioni obbligatorie del settore privato non agricolo, pubblicati da Banca d’Italia, confermano che nel 2020 a causa del blocco dei licenziamenti si sono avuti 42.000 contratti cessati in più del totale dei contratti attivati, sono stati disintegrati, in un anno, circa 350 mila posti di lavoro in questi settori, un calo analogo si è registrato tra i lavoratori autonomi, siamo a circa 700mila posti di lavoro spariti, giovani e donne sono quelli che hanno subìto il danno maggiore, prevalendo fra loro contratti a termine e occupati nel settore dei servizi, i tutelati hanno avuto il sostegno di cassa integrazione e delle sue estensioni, per alcuni è scattata la Naspi (indennità di disoccupazione), per molti non vi è stata nessuna tutela,se non al raggiungimento del livello di povertà che desse diritto al reddito di cittadinanza.
Si sente la necessità di porre al centro delle politiche del lavoro, un nuovo sistema di ammortizzatori sociali, a distribuzione universalistica, compresi i lavoratori autonomi, con strumenti di ricollocazione e di sostegno al reddito da inserire nel progetto di spesa per i fondi europei destinati alla ripresa economica post-pandemia, gli inventori e i gestori di; reddito di cittadinanza e navigator hanno capito che non è quello lo strumento utile per le politiche attive del lavoro, ma è una misura (reddito minimo) di lotta alla povertà.
Occorre ripartire dall’assegno di ricollocazione gestito da Anpal, (governo Gentiloni), che si intravvede nella legge di bilancio con l’inserimento del GOL (garanzia occupabilità lavoratori), per arrivare ad avere un reale sistema nazionale di politiche attive, creare una rete di agenzie, pubbliche e private che garantiscano al disoccupato; la presa in carico dei suoi obiettivi di ricollocazione, assicurino percorsi di formazione per garantire competenze professionali, che portino a trovare una nuova occupazione, assicurare per l’ impegno formativo un sostegno al reddito proporzionato a garantire il mantenimento della famiglia; un modello nuovo e universale di ammortizzatori sociali.
In attesa della riforma del Titolo V° della costituzione, che superi il conflitto/concorrenza/collaborazione che sta alla base del rapporto Stato-Regioni per le politiche del lavoro, non si può che prevedere la governance dell’agenzia nazionale, che coordini e promuova le politiche attive, con gestione equilibrata fra centro e regioni , il modello “base” potrebbe essere quello già sperimentato per Garanzia Giovani , un sistema informativo e gestionale unico, con autonomia regionale nell’articolare i servizi offerti sopra un livello comune a tutti predefinito.
Finora tutti gli strumenti di sostegno al reddito venivano concessi a condizione che il fruitore si dichiarasse disponibile ad accettare un’offerta di lavoro o percorsi di riqualificazione professionale, condizionalità che non ha mai funzionato per le scappatoie e perché in fondo non si può togliere un sostegno al reddito di ultima istanza.
Si può provare a invertire il sistema, si assicuri un sostegno al reddito per disoccupazione universale a scalare nel tempo, chi aderisce al percorsi di politica attiva ottiene bonus aggiuntivi sia in servizi, sia in durata e in valore del sostegno al reddito, espellendo dal sostegno coloro che si ricollocano senza nuova formazione, per far rimanere le offerte di servizi per chi intende realmente ricorrervi.
L’agenzia nazionale che assicura le politiche attive dovrebbe gestire anche le risorse per le politiche passive di sostegno al reddito, l’Inps non si può accollarsi tutto, rischia di farlo male, oltre 100 mila persone, oggi, ancora aspettano gli assegni della Cig partita a marzo scorso ,una riforma servirebbe a combattere le disfunzioni e a fare chiarimento tra politiche sociali e politiche previdenziali.
Un’agenzia del lavoro, uguale agli altri Paesi europei, sarebbe in grado di utilizzare e coordinare gli strumenti attivi e passivi, per far sì che le misure siano finalizzate a perseguire con efficacia ed efficienza gli obiettivi occupazionali, che effettui interventi differenziati per appianare le diseguaglianze e realizzare progetti mirati per giovani e donne.
La crisi di governo offre un’occasione per azzerare i vincoli ideologici preesistenti e tornare a fare riforme importanti e incisive.
Alfredo Magnifico