l welfare e i corpi intermedi sono caratteri essenziali dell’originalità europea, e dell’umanesimo europeo, tagliare il primo e non considerare i secondi nel discorso pubblico culturale e politico è una grave perdita, un’erosione delle basi della socialità e della democrazia, oggi più che mai occorre ripensare radicalmente lo Stato sociale, perché il modello degli ultimi decenni non sta più in piedi, occorre coinvolgere i corpi sociali come protagonisti di un nuovo welfare sostenibile, sussidiario, “generativo” .
Non si può dare per scontato l’esistenza di un welfare europeo che non ha eguali al mondo per quanto riguarda; garanzie di salute, istruzione, assistenza, previdenza sociale, basta pensare che in Europa vive solo l’8% della popolazione del pianeta, mentre si concentra il 58% del welfare mondiale», welfare e corpi sociali hanno a che fare non solo con le cifre, ma con l’umanità nei rapporti sociali: vi è una fondamentale dimensione esistenziale che non può essere obliterata.
Il welfare è il principale strumento di riduzione della diseguaglianza, “più welfare, meno povertà dei minori”, più welfare per numero medio di componenti la famiglia, ovvero più “single”, più welfare.
Non è detto che una crisi debba portare a tagliare il welfare, anzi, la storia del welfare in Occidente è storia di grandi balzi in avanti a seguito di eventi traumatici: l’esplodere della questione operaia, la Guerra mondiale, la grande depressione del ’29, la Seconda guerra mondiale.
Il welfare è stato fatto non solo per evitare lo scontro sociale e la rivolta popolare», ma anche in funzione anti-ciclica, cioè come fattore di controtendenza rispetto alla recessione. Un esempio? La Germania. Patria del welfare a fine Ottocento fra Bismarck e papa Leone XIII. Ha saputo fare bene un uso anticiclico del welfare. E oggi, che con Cina e Usa è una delle tre centrali del potere economico mondiale, ha un’economia grande quasi come quella statunitense, ma un welfare del 10-15 superiore.
Tagliare il welfare può significare tagliare le basi della convivenza civile, in sostanza, è quello che l’Italia sta facendo, lo si vede bene nel confronto con l’andamento europeo in materia di sanità, istruzione, ordine pubblico, ricerca: siamo gli unici o quasi che dal 2010 a oggi hanno sempre ridotto l’impegno di risorse, almeno del 10%, clamoroso il dato dei finanziamenti alla ricerca di base: Germania 30 miliardi, Italia 5.
L’Italia vivacchia al traino dell’Europa, se cresce, noi cresciamo (ma meno); se rallenta, per noi è un disastro», morale: stare in Europa così è da insipienti e non ha senso; dobbiamo starci… da Europei,darci da fare per convergere anche noi sulle grandezze economiche fondamentali, occorre sollecitare Bruxelles a uscire dalla grave incomprensione dei nostri problemi e dalla sottovalutazione dell’importanza del welfare».
L’Europa ha un sistema universalistico di protezione sociale che è unico al mondo, è un lascito della storia cristiana e dei movimenti socialisti, oggi questo sistema è un’anomalia da rimuovere o può essere un esempio per gli altri? Ovviamente bisogna perseguire la seconda, a certe precise e impegnative condizioni, sapendo che non giovano né l’idea tecnocratica per cui basterebbe far funzionare l’economia, magari con dei trucchi, né l’idea nazionalistica che vagheggia una sorta di cristianità frammentata. È pur vero che populisti e sovranisti, recepiscono la domanda di mediazione e di protezione che sale dalla massa della gente, specie da chi si sente più indifeso e incapace di farcela da solo: chiaro che questa domanda può fare da innesco a processi regressivi, ma noi dobbiamo ascoltarla e assumerla positivamente. Personalmente credo che sia possibile una nuova stagione del welfare europeo.
Alfredo Magnifico