Un contratto su tre è scaduto, oltre sei milioni di lavoratori dipendenti aspettano da anni il rinnovo

Molti contratti vanno aggiornati e adeguati all’ inflazione, ma le trattative sono bloccate e risulta difficile rinnovarli.

A luglio 2024 il 36% dei contratti risultano scaduti e oltre sei milioni di lavoratori dipendenti aspettano da anni il rinnovo.

I CCNL sono accordi con i quali uno o più datori di lavoro o associazioni datoriali stabiliscono le condizioni economiche,le retribuzioni, gli orari di lavoro,le ferie,i permessi, l’eventuale quattordicesima mensilità,la sicurezza sul lavoro, l’accesso alla formazione professionale,i diritti sindacali.

La scopo dei contratti sarebbe quello di garantire un trattamento equo e uniforme indipendentemente dall’ azienda presso cui lavorano.

I CCNL sono fonte di diritto del lavoro,con forza vincolante sia per le parti datoriali sia per i lavoratori.

L’articolo 39 della costituzione stabilisce che i CCNL sono stipulati dai sindacati registrati e hanno validità “erga omnes”,ma l’articolo 39 non è mai stato attuato e disciplinato per opposizione di CGIL CISL e UIL che dal lontano 1948, soprattutto le prime due si sono sempre opposte per motivi ideologici,la UIL è nata successivamente.

I CCNL registrati al CNEL sono circa un migliaio,di questi neanche un 15% è stato sottoscritto da sindacati autonomi.

I CCNL andrebbero rinnovati ogni tre anni,ma troppo spesso si crea stallo alla scadenza, anche se i contratti per effetto della “ultrattivita’” hanno vigenza oltre la scadenza.

Una quindicina di contratti regolamentano oltre il 70-80% dei lavoratori.

Il contratto del commercio, scaduto nel 2019, regolamentava oltre tre milioni di lavoratori,una volta unico, oggi CGIL CISL UIL ne firmano quattro ,lo stesso dicasi del contratto del turismo, sminuzzato e moltiplicato da CGIL CISL UIL.rinnovato solo con Confcommercio e non con AICA Confindustria.

Ci sono voluti oltre cinque anni per rinnovarli,l’una tantum non copre neanche il costo degli scioperi e gli aumenti sono ben lontani dal coprire l’inflazione.

Fino a due anni fa l’inflazione cresceva poco e la pressione sui rinnovi era bassa perché non si sentiva il cappio della mancanza del potere d’acquisto,ora l’inflazione galoppa i prezzi aumentano e i lavoratori stentano a sopravvivere,il salario non è una variabile indipendente.

I CCNL coprono oltre l’ottanta per cento dei lavoratori con salario adeguati ai minimi contrattuali,i salari contrattuali sono ben al di là della proposta per il salario minimo.

Mettendo da parte i lavoratori stabilizzati e coperti contrattualmente,non si può non tenere conto di tutti quei lavoratori privi di garanzia contrattuale ai quali forse un salario minimo unito a un minimo di normativa li farebbe emergere dalla schiavitù.

I precedenti dei contratti collettive forse anche del salario minimo erano i così detti “Concordati di tariffa” stilati su fogli di poche righe in cui era scritto che l’ora lavorativa non poteva essere inferiore a 10 lire.

Un’ iniziativa della ministra nel merito sarebbe auspicabile,riunire presso il ministero le parti sociali e razionalizzare i contratti, aprendo a tutti i soggetti la possibilità di firmare, azzerando così ogni alibi.

Alfredo Magnifico 

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