Il Governo con il decreto delle restrizioni natalizie, ha varato nuovi ristori; si prosegue coi sussidi, senza prevedere nuovi investimenti, “ristori ai ristoranti”, sembra un gioco di parole, ma tra ristori e ristoranti si gioca il futuro del Governo, cche dipende da cosa accadrà al piano per la ripresa.
I ristori sono gli strumenti con i quali il Governo ha affrontato questa emergenza senza fine, ma per quanto si può continuare? La manovra in Parlamento cambia giorno dopo giorno, ritocco dopo ritocco. Bonus, sussidi, debiti su debiti, debiti necessari, ma debiti cattivi come fa osservare Mario Draghi.
I ristoranti hanno ottenuto altri 645 milioni (400 quest’anno, il resto nel 2021), insufficienti, non basteranno ai ristoratori che continueranno a protestare tutto quest’inverno, non basteranno a chi sarà costretto a chiudere per sempre e i ristoranti diventano così paradigma di un’emergenza senza fine.
Per i gestori aeroportuali si arriva a 500 milioni: non bastano nemmeno questi, chi presiede l’associazione di settore voleva un miliardo, 145 milioni per il Mediocredito centrale a sostegno dell’export, anche questi insufficienti, visto il crollo subito quest’anno, per gli alberghi c’è l’esenzione della prima rata Imu 2021, insufficienti, voucher di 500 euro al mese per le babysitter, sgravi contributivi per sostituire una lavoratrice in maternità.
In attesa dei debiti buoni, che dovrebbero finanziare il ritorno alla crescita e che sembrano fuori dall’orizzonte del Governo, limitato dal tempo che resta, un anno o poco più, fino all’elezione del presidente della Repubblica se non ci saranno rese dei conti anticipate.
I debiti buoni, che finanziano investimenti, hanno tempi più lunghi senza riscontri immediati in termini di consenso elettorale, non interessano chi calcola i voti da guadagnare, atteggiamento trasversale, che riguarda sia i partiti di governo, sia l’opposizione la cui critica al Governo è all’insegna della quantità, non della qualità: più ristori, non più investimenti.
Proprio qui, invece, sta
La chiave del futuro prossimo venturo sta proprio qui, “le proiezioni per i prossimi anni, ha detto Visco governatore della Banca d’Italia, suggeriscono che il Pil non recupererà il livello registrato alla vigilia dello scoppio della pandemia, prima della seconda metà del 2023, e ancor più tempo sarà necessario per tornare ai valori del 2007, precedenti la doppia recessione causata dalla crisi finanziaria globale e quella dei debiti sovrani dell’area euro, si tratta di un sostanziale ristagno dell’attività economica nel complesso di circa un ventennio. Sono stati vent’anni di pausa, anzi di declino, un’intera generazione è arrivata alla maggiore età senza aver visto crescita , altro che decrescita felice!
La via d’uscita non è avere più assistenza, ma ristrutturare e riconvertire le attività produttive, avendo come parametro la produttività, sostiene il Governatore, che sottolinea “la nostra struttura produttiva è rimasta sbilanciata verso imprese molto piccole che dispongono di pochi mezzi per innovare”. I fondi per la ripresa, i 209 miliardi del Next Generation Eu, dovrebbero servire a compiere il salto di qualità che né le imprese private, né lo Stato con sussidi e i ristori, sono in grado di fare.
Il piano del Governo rimane sconosciuto, si sa di un elenco di capitoli e pagine vuote, da quel che si capisce il rischio vero è che non sia così, il grosso delle risorse sarà destinato a coprire spese correnti che andavano, comunque, fatte e sono rimaste nei cassetti dei ministeri.
Mario Draghi, è intervenuto, con un rapporto messo a punto per il gruppo dei 30 affermando: “Stiamo entrando in una nuova era nella quale saranno necessarie scelte che potrebbero cambiare profondamente le economie, lo sforzo compiuto finora, sotto la spinta dell’emergenza, è stato ben fatto, era necessario, ma ora occorre passare a una fase molto più delicata perché più selettive, chi dovrà decidere quali compagnie dovranno essere aiutate?”, è uno degli interrogativi a cui il rapporto cerca di rispondere. Tocca a ogni singolo Governo individuare le proprie priorità , sarà importante la collaborazione pubblico-privato e gli interventi devono puntare più al capitale finanziario delle imprese e meno sui prestiti, come, invece, è avvenuto nella prima fase che ha creato il rischio di un sovraccarico di debiti sulle aziende, i finanziamenti pubblici potrebbero essere trasformati in pacchetti azionari e le risorse pubbliche in generale dovrebbero servire a incentivare il rafforzamento del capitale.
Altro che ristori ai ristoranti, una tranvata per tutti, il Governo non ha fatto una piega tra questi nemmeno il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che si dice sensibile ai consigli dell’ex presidente della Bce. Sarà forse perché l’ombra di Draghi turba i sonni di Giuseppe Conte, che, sotto il tiro incrociato della sua stessa maggioranza, sembra sull’orlo di una crisi di nervi.
Alfredo Magnifico