Al giornalista cui è riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato, a fronte di un simulato contratto a partita IVA, l’azienda deve corrispondere tutte le differenze retributive e il risarcimento del danno dalla messa in mora fino alla effettiva riassunzione in servizio. non si applica dunque la legge Fornero che impone un tetto massimo di mensilità da corrispondere a titolo risarcitorio. La ha sancito la Corte di Cassazione. Ne dà notizia l’avvocato Vincenzo Iacovino.
Nello specifico, il caso in questione riguarda una giornalista RAI che, pur avendo lavorato con plurimi contratti di lavoro autonomo dal 2002 al 2014, ritenendo di aver svolto invece attività giornalistica subordinata, ha promosso ricorso al Tribunale del Lavoro di Roma rivendicando l’assunzione a tempo indeterminato, la qualifica di redattore, le differenze retributive, la regolarizzazione previdenziale e il risarcimento dei danni per il periodo non lavorato.
Il Tribunale in primo grado rigetta la domanda, sentenza impugnata davanti alla Corte di Appello che nel 2021 ha accolto parzialmente le ragioni della giornalista, dichiarando sussistente fra le parti il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di natura giornalistica dal 6.7.2002, avendo dimostrato l’inserimento continuativo ed organico della sua prestazione lavorativa nell’organizzazione imprenditoriale; la sua presenza e il suo inserimento nella redazione funzionale al programma avente carattere informativo; la natura giornalistica della prestazione.
“La Corte ha condannato la RAI a riammettere in servizio l’appellante con qualifica di redattore ordinario con più di 30 mesi di anzianità- dice Iacovino – ma ha limitato il risarcimento dei danni condannato la RAI al pagamento della sola indennità risarcitoria determinata nella misura pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione, ritenendo applicabile la legge Fornero”.
La giornalista, con il patrocinio dell’avvocato Vincenzo Iacovino, ritenendo ingiusto il riconosciuto danno liquidato in via forfettaria, ha promosso ricorso in Cassazione chiedendo il maggiore danno, da commisurarsi alle retribuzioni lorde maturate dalla messa in mora all’effettiva riassunzione in servizio.
“La Corte di Cassazione- dice ancora il legale molisano – con ordinanza del 26 giugno 2024, ha accolto il ricorso, disponendo che “nel caso di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro al cospetto di un contratto stipulato dalle parti come formalmente di lavoro autonomo, non trova applicazione il regime indennitario dettato dall’art. 32 L. n. 183/2010 meglio denominato collegato lavoro, bensì quello risarcitorio a decorrere dalla costituzione in mora.” La Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, ora dovrà decidere e determinare il risarcimento del danno tenendo conto che la giornalista ha messo in mora la RAI nel maggio del 2014 e pertanto avrà diritto alla corresponsione delle retribuzioni maturate e non godute da quella data fino alla effettiva riammissione in servizio intervenuta nell’ottobre del 2021”.
“La decisione è importante– dice in conclusione l’avv. Iacovino – considerato che in RAI come in altre aziende, sono moltissimi i giornalisti che lavorano in uno stato di precariato e di sfruttamento che oggi vedono la possibilità di una loro stabilizzazione, una regolarizzazione economica e previdenziale per tutto il periodo pregresso e un risarcimento dei danni per tutto il periodo riconosciuto, senza alcun tetto massimo”.