Il rapporto dal titolo “Net Positive Employee Barometer” con un sondaggio online condotto dal centro di ricerca Opinium su impiegate in aziende di dimensioni medio-grandi, riporta un risultato chiaro: la metà dichiara di considerare l’idea di lasciare il proprio posto di lavoro in cerca di un impiego che corrisponda ai propri valori, il 33% dichiara di aver già lasciato la propria azienda per questo motivo, i dati sono superiori tra Millennials e Generazione Z.
Dopo aver sentito parlare di Great resignation, il fenomeno che ha visto un gran numero di persone lasciare il proprio posto di lavoro in cerca di una nuova occupazione, poi di quite quitting, ovvero ridurre al minimo il proprio impegno sul lavoro, pur mantenendo il proprio posto, orasta iniziando l’era del conscious quitting.
L’ amministratore delegato che pensa di poter vincere la guerra per i talenti offrendo più soldi, più telelavoro e un abbonamento alla palestra rimarrà deluso.
Il Covid ha giocato un ruolo importante nell’accelerare questa tendenza, ha evidenziato le nostre fragilità e quelle del sistema in cui viviamo, ha fatto emergere quanto sia fondamentale “fare mercato” in maniera rispettosa dei diritti, dell’ambiente e delle comunità ci ha insegnato a dare un valore diverso al nostro lavoro, a ripensare a ciò che produciamo, a come lo produciamo e alle catene di approvvigionamento.
Il conscious quitting è frutto anche dello smart working, infatti, nel momento in cui milioni di persone nel mondo hanno scoperto la possibilità di lavorare dalle proprie abitazioni hanno capito anche di voler lavorare in un modo più coerente con i propri valori, con la propria visione del mondo, per cui, se spazi di vita e spazi di lavoro coincidono, vogliamo che a coincidere sia anche ciò che facciamo per vivere e ciò in cui crediamo, e vogliamo che ci sia una corrispondenza emotiva, valoriale, empatica con l’azienda per cui lavoriamo.
I settori che hanno maggiori difficoltà ad attrarre giovani talenti sono il tech e fintech, dove le questioni etiche sono parte integrante dei modelli di business.
Le aziende in questo momento si trovano a dover ripensare i propri modelli di business sotto spinte diverse, la stessa idea di capitalismo è pregiudicata e compromessa.
Le aziende, se vogliono attrarre persone e talenti, sono costrette a ripensare il proprio business e devono riposizionarsi per diventare attrattive come posto di lavoro per giovani capaci.
I giovani sognano di lavorare per le ong o per il Terzo settore, piuttosto che uno stage sottopagato in una grande multinazionale, preferiscono scrivere, anche gratis, per queste organizzazioni, questo è frutto di un sentire nuovo, che costringerà le aziende ad adattarsi, non solo in maniera “cosmetica” ma con un reale cambiamento.
I dipendenti sono diventati degli interlocutori per le aziende in cui lavorano, fino a pochi anni fa le campagne di comunicazione venivano studiate a tavolino per utilizzare i dipendenti come media, si volevano usare le loro reti sociali trasformandoli in brand Ambassador o altre sciocchezze, non capivano che quando una persona è felice del proprio lavoro condivide spontaneamente le cose che fa.
I consumatori hanno un grande potere: con lo scegliere un prodotto o un marchio piuttosto che un altro possono premiare scelte di sostenibilità.
Alfredo Magnifico