Salari al palo e produttività del lavoro giù

In Italia dagli ultimi rilevamenti si registra il più alto numero di occupati, 24 milioni di lavoratori, mai così tanti, anche se  questa crescita non si è tradotta in valore aggiunto, poichè siamo entrati in un circolo vizioso.

Il calo della produttività del lavoro, registra uno scivolone del 2,5% tra il 2022 e 2023 che arriva dopo anni di crescita (anche se moderata), infatti l’incremento medio era stabile allo 0,5% dal 2014 secondo i dati Istat.

Analizzando i dati dei vari settori si vede che la produttività del lavoro, nel 2023 è scesa in modo importante nelle attività finanziarie e assicurative (-8,1%), nell’istruzione, nella sanità e nell’assistenza sociale (-3,9%), nelle attività professionali (-3,3%), nei servizi di informazione e comunicazione (-2,9%) e nel commercio, senza risparmiare trasporti, alberghi e pubblici esercizi (-2,8%), non si salva nemmeno l’Industria che crolla del 3,1%, segni meno che  paiono in netto contrasto rispetto ai recenti picchi sul fronte del tasso di occupazione.

Il debito pubblico sfiora i 3 mila miliardi nel 2024 e in un anno è aumentato di 97,3 miliardi.

Uno dei fattori ad aver contribuito significativamente allo scollamento tra la crescita dell’occupazione e quella del prodotto è stato il calo dei salari reali dall’inizio della crisi energetica; la causa primaria deriva dal balzo dell’inflazione, che ha causato una riduzione del valore reale dei salari, e il boom dei prezzi dell’energia, fattori che hanno reso più conveniente per le aziende assumere piuttosto che investire su altri fattori della produzione, tipo macchinari, alta tecnologia o beni energetici.

La situazione spiega i record sull’occupazione e l’allargamento del tempo indeterminato, che generano un effetto perverso, considerando che il calo della produttività tende a congelare la crescita dei salari, poiché intacca la redditività delle aziende.

Un cortocircuito, che si aggrava sempre di più a causa della nuova corsa dei prezzi del gas, che allontana nel tempo quel recupero degli investimenti e quel bilanciamento dei diversi fattori di produzione, fondamentali per uscire dalla stagnazione, e salutare come il binario dagli aumenti del Pil da zero virgola.

Alfredo Magnifico

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