Il Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015 trancia un giudizio pesantissimo sulla speranza di ripresa del Sud, che è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente. Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni dell’Europa a 28 (+53,6%),e che, nel periodo, l’Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell’area euro a 18 con il +20,6% a fronte di una media del 37,3%.
Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha perso il 34,8% del proprio prodotto ,contro un calo nazionale del 16,7% ,il Sud sconta inoltre un forte calo sia dei consumi interni che degli investimenti industriali, dall’inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del paese. Anche peggiore la situazione degli investimenti che nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l’industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell’agricoltura.
Non è immune dal crollo nemmeno la spesa pubblica, dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è infatti diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3,al Sud il calo è stato di 9,9 da 25,7 a 15,8.
L’Italia è un paese diviso e diseguale, dove il Sud è la deriva e scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%) e il Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, con il 53,7%.
Lo scorso anno infatti quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Nel dettaglio a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno. A livello di regioni il divario tra la più ricca, Trentino Alto-Adige con oltre 37 mila euro, e la più povera, la Calabria con poco meno di 16 mila euro, è stato di quasi 22 mila euro, in crescita di 4 mila euro in un solo anno. Tutto questo si riflette nel rischio povertà che coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord. Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l’Unità d’Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili. Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat, il prezzo più alto è pagato da donne e giovani. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord.
Alfredo Magnifico
Rischio di sottosviluppo permanente per il Mezzogiorno
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