Le imprese della somministrazione bocciano le linee guida sulla ristorazione diffuse dall’Inail ritenendo le regole del tutto inapplicabili, che ridurrebbero la capacità dei ristoranti ad un terzo di quella attuale, obbligandone migliaia alla chiusura definitiva.
Norme eccessivamente rigide, spesso confuse, ed elaborate senza la partecipazione degli addetti del comparto, la cui applicazione metterebbe a serio rischio il settore, che dà lavoro a 300 mila imprese e 1,2 milioni di dipendenti.
La dimensione media di un ristorante, in Italia, è di 80 metri quadrati, secondo le linee guida, una capienza sufficiente per appena 20 persone,si tratta chiaramente di una condizione antieconomica, che impedisce di riavviare l’attività a meno di non raddoppiare i prezzi attuali: ma anche questo ci porterebbe alla chiusura.
Al danno si aggiunge la beffa: non ci sono le condizioni per riaprire, ma non si può licenziare.
Una situazione insostenibile Troppi punti fondamentali, poi, sono ancora da chiarire ,come si calcola la distanza minima per le persone sedute allo stesso tavolo? Le regole di distanziamento valgono anche per l’esterno del locale? Chi certifica o comunque dà un’indicazione su quali dispositivi di schermatura è possibile installare? Se questi nodi non verranno sciolti e le regole non cambieranno moltissime imprese sceglieranno di non aprire piuttosto che lavorare in perdita.
Occorrerà introdurre subito nuovi sostanziosi sostegni economici a fondo perduto per gli operatori, o i ristoranti rimarranno chiusi. Non basteranno certo i bonus da 600 o 800 euro a salvare la ristorazione italiana. Occorrerebbe concordare con le categorie interessate protocolli alternativi che riescano a contemperare le esigenze di sicurezza con quelle di natura imprenditoriale.
Alfredo Magnifico