Il Csc di Confindustria ha aggiornato le stime di crescita dell’economia italiana del dicembre scorso, con una correzione verso l’alto di 0,3 punti sia per quest’anno che per il prossimo, alla fine del tunnel non ci sarà ancora una vera ripresa per il Paese, piuttosto una risalita che sarà lenta e difficile, secondo questi dati la recessione è finita: il Pil nel 2015 salirà dello 0,8% per toccare +1,4% nel 2016. I venti a favore ci sono e sono forti; la svalutazione dell’euro, il basso prezzo del petrolio, la riduzione dei tassi di interesse e una maggiore domanda interna nell’euro-zona, potrebbero sortire un effetto potenziale e complessivo sul Pil del 2% quest’anno e dell’1,2% nel 2016. Pesano sullo scenario alcuni fattori di rischio; il contagio dalla Grecia e un trend di crescita globale più lento a cui si sommano ragioni di fondo e freni straordinari tutti italiani, dal credit crunch all’alta disoccupazione, dalla redditività ai minimi ad un costo del lavoro “penalizzante”, che rendono “poco reattivo” il Paese. Gli andamenti attesi, infatti, sono molto più bassi, l’Italia tornerà ai livelli di Pil precrisi di 8 anni fa nel 2023. L’economia italiana, comincerà lentamente a migliorare, continueranno ad aumentare i consumi delle famiglie:+0,6% nel 2015 e +1,2% nel 2016 dando continuità al risveglio iniziato nel 2014 anche se rispetto al secondo trimestre del 2007, al picco pre-crisi, i consumi delle famiglie resteranno comunque più bassi del 7,8%.In risalita anche l’occupazione che si rafforzerà nella seconda metà del 2015, riportandosi ai livelli di fine 2012, per consolidarsi nel 2016 registrando un aumento in termini di posti di lavoro rispettivamente del +0,5% e del +1%. Ma il calo occupazionale causato dalla crisi non si riassorbirà rapidamente; il biennio si chiuderà comunque con un vuoto occupazionale scavato dalla crisi di 1 milione e 333mila posti di lavoro in meno rispetto a fine 2007. Proseguirà ,anche il consolidamento dei conti pubblici: il deficit scende dal 3,0% del 2014 al 2,0% nel 2016; il saldo primario sale al 2,3%, dall’1,6%. Il debito pubblico inizia a ripiegare in rapporto al PIL: 131,9% nel 2016, dal 132,7% di quest’anno.Si alleggerirà anche se di poco la pressione fiscale nel prossimo biennio: tenuto conto della stabilizzazione del bonus degli 80 euro, scenderà infatti nel 2015 al 43% e nel 2016 al 42,7% del Pil. Era al 43,3% nel 2013 anche se “resta molto alto nei confronti europei. Si attenua il rischio di deflazione rispetto a sei mesi fa nonostante un livello di inflazione Ue che rimarrà pericolosamente contenuta e lontana dall’obiettivo Bce che potrebbe essere chiamata, dice ancora Confindustria, a nuovi interventi sui titoli di Stato. Un quadro di crescita anche se moderata potrebbe trovare maggiore slancio nel momento in cui il Governo tenesse il punto su tutte le riforme strutturali annunciate, serve stimolare la produttività; allineare meglio la dinamica dei salari alla produttività, spostare il baricentro della contrattazione collettiva verso il secondo livello; promuovere la concorrenza nei mercati dei servizi; favorire lo sviluppo del Meridione con investimenti, ma soprattutto con lo Stato che fa lo Stato, nella scuola, nell’ordine pubblico, nella sanità; agganciare il salario ai risultati aziendali e individuali; mettere a punto, contro la povertà, uno strumento di sostegno al reddito, condizionato a comportamenti virtuosi.
Alfredo Magnifico
Recessione finita, ma la ripresa è lenta
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