Dal Rapporto sull’economia dell’immigrazione 2015 sviluppata dalla Fondazione Leone Moressa viene fuori che l’8.7 degli imprenditori Italiani è straniero. Nel 2014 in Italia è entrata in vigore la nuova disciplina generale sulla cooperazione internazionale allo sviluppo, che assegna per la prima volta un ruolo preminente alle comunità immigrate formate da 5 milioni di stranieri residenti in Italia. La migrazione efficace strategia di riduzione della povertà è indispensabile in un’economia globalizzata di cui i migranti sono parte integrante e portano più benefici ai paesi di destinazione sotto forma di gettito fiscale e contributi previdenziali, che a quelli di partenza ,nel merito non ci si può limitare a sfruttare la disponibilità e il basso costo della manodopera, ma è necessaria un’opera di integrazione dei nuovi arrivati nelle istituzioni economiche e sociali. In base ai dati disponibili nel 2014, nell’Unione Europea il 6,7% della popolazione è rappresentata da stranieri. L’Istat rileva che; al 1° gennaio 2015, l’8,3% della popolazione residente in Italia è straniera con modalità di ingresso lungo-soggiornanti e di ricongiungimento familiare, a questo fenomeno si frappone l’ incremento degli ingressi irregolari di cittadini stranieri e delle richieste di protezione internazionale. Gli occupati stranieri hanno raggiunto la soglia di 2,3 milioni, impiegati principalmente nei settori dei servizi, (47%), dell’industria (18,5%) e dell’edilizia (10,8%),la crescita occupazionale degli stranieri ha compensato il calo della componente Italiana. Oggi l’opinione pubblica tende a identificare immigrati e profughi o richiedenti asilo come sinonimi. In realtà, i 170.000 immigrati sbarcati sulle coste italiane, rappresentano a malapena il 3% dei circa 5 milioni di individui che compongono la popolazione immigrata regolarmente residente in Italia, lavoratori che hanno prodotto l’8,6% della ricchezza nazionale, 125 miliardi di euro. La popolazione italiana 1 su 10 ha più di 75 anni, mentre tra gli stranieri appena 1 su 100,composizione demografica che ha un impatto non solo sul mercato del lavoro ma in particolare sul sistema del welfare, il contributo previdenziale dell’immigrazione al sistema pensionistico ha raggiunto quota 10,3 miliardi.
In Italia nel 2014 si sono registrati quasi 3.5 milioni di contribuenti nati all’estero per un ammontare di redditi dichiarati pari a 45,6 miliardi di euro e l’imposta versata dei nati all’estero rappresenta il 4,5% del totale, corrispondente a 6,8 miliardi di euro. Le spese legate all’immigrazione, (sanità, scuola, pensioni, integrazione, lotta all’irregolarità), pari a 12,6 miliardi, rappresentano solo l’1,58% della spesa totale. La spesa pubblica italiana è infatti fortemente indirizzata verso la popolazione anziana. Mettendo a confronto la spesa pubblica per l’immigrazione e le entrate derivanti dal gettito fiscale e dai contributi previdenziali degli stranieri in Italia, la differenza tra entrate ed uscite mostra un segno positivo: + 3,9%. La Commissione europea, ha attribuito agli imprenditori immigrati un ruolo fondamentale per il rilancio economico dell’Unione Europea e del suo sistema produttivo in Italia le imprese condotte dai nati all’estero rappresentano l’8,7% degli imprenditori totali, e producono 94,8 miliardi di euro di Valore aggiunto. Nel periodo 2009/2014, gli imprenditori nati all’estero sono aumentati del 21,3%, mentre i nati in Italia sono diminuiti del 6,9%. Una realtà in crescita in tutte le regioni e in tutti i settori economici che non può più essere considerata una nicchia di bassa produttività. Tuttavia l’immigrazione nel lungo periodo produce benefici anche nei paesi d’origine grazie alle rimesse. Senza sottovalutare il fatto che quando gli emigranti ritornano a casa rappresentano una fonte di diffusione di tecniche e di cultura organizzativa preziose per i Paesi di partenza.
Il flusso di denaro che gli immigrati inviano in patria, pari allo 0.31% del PIL, (4,9 miliardi secondo la stima 2015), superano ampiamente la percentuale che l’Italia investe nei paesi d’origine, pari allo 0,16% del PIL, (meno di 3 miliardi di euro). Un dato che smentisce lo slogan più diffuso nel dibattito politico attuale, “aiutiamoli a casa loro”, nel tentativo di trovare una soluzione all’immigrazione clandestina. Ma al di là dei dati, è necessario favorire una migliore integrazione degli immigrati, troppo spesso destinati a posti senza prospettive a lungo termine, sottopagati, e con scarse possibilità di diventare professionalità qualificate. Questo spiega l’aumento della presenza straniera nell’imprenditoria, non avendo la possibilità di lavorare in alcuni settori, gli stranieri puntano su sé stessi.
Alfredo Magnifico