Rapporto Caritas/La povertà cresce anche tra gli occupati

L’ultimo rapporto Caritas, registra un aumento dei poveri assoluti, saliti a 5 milioni 673 mila in Italia, pari al 9,7% della popolazione, la povertà non è più un fenomeno “residuale” ma strutturale che dilaga ed interessa un italiano su dieci, e non ha accesso a un livello di vita dignitoso il triplo delle persone rispetto a 15 anni fa.

Tante sono le persone che versano in condizioni di povertà assoluta, ovvero che non sono in grado di sostenere le spese necessarie per una vita dignitosa.

Non è più qualcosa che interessa solo disoccupati o categorie marginali ma che, sempre di più, coinvolge e minaccia soggetti che hanno un lavoro, il 23% degli assistiti, ma che ricevono uno stipendio talmente misero da restare intrappolati in una severa indigenza, si è bloccato anche l’ascensore sociale, chi nasce povero resta povero

I contratti collettivi non si rinnovano, i prezzi corrono e colpiscono con particolare ferocia i redditi più bassi.

Il governo Meloni ha smantellato il Reddito di cittadinanza, nonostante tutte le pecche, finché in vigore ha salvato dalla povertà un milione di persone.

Nell’ultimo anno i soggetti in povertà assoluta sono cresciuti di 357 mila unità.

I nuclei familiari che versano in condizione di povertà sono 2 milioni e 187 mila (+ 165 mila). I poveri vivono soprattutto al Sud dove l’incidenza tocca il 13,3% (contro l’8,3% del Nord Ovest, l’8,8% del Nord Est, il 7,5% del Centro e l’11,3 % delle Isole) e nei piccoli centri urbani più che nella grandi metropoli.

L’indigenza colpisce principalmente gli stranieri con un nucleo familiare ogni tre che ricade in questa condizione, a fronte di un’incidenza del 6,4%, ma anch’essa in crescita, tra le famiglie italiane.

Gli stranieri, si legge nel rapporto, sono l’8,7% della popolazione ma il 30% dei poveri assoluti.

Tra le cifre più preoccupanti contenute nel rapporto c’è anche quella degli 1,2 milioni di minori che vivono in povertà, il 13,4% dei bimbi italiani, questo significa  rinunciare a opportunità di crescita e percorsi di sviluppo, mettere seriamente a rischio insomma la possibilità di emanciparsi dall’indigenza che, sappiamo, tende a trasmettersi di padre in figlio, non per ragioni genetiche ma per l’impossibilità di intraprendere carriere scolastici e formative con il supporto e gli strumenti concessi a chi fa parte di famiglie più benestanti.

L’ Italia si distingue come il paese europeo in cui la trasmissione intergenerazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più marcata, il titolo di studio è sempre di più una ciambella di salvataggio: nei nuclei in cui il capo famiglia ha solo la licenza elementare l’incidenza della povertà è salita al 13% mentre rimane al 4% in caso di diplomi superiori.

Nell’ultimo anno, il disagio economico sia cresciuto tra le persone sole, tra i divorziati, i celibi e i nubili mentre è diminuito tra le persone coniugate, inoltre si è aggiunta, nell’ultimo periodo, una nuova sottospecie di disagio: la povertà energetica, con bollette di luce e gas sensibilmente aumentate a causa della corsa delle quotazioni di petrolio e gas favorita anche dalla guerra in Ucraina aumentano ad esempio le famiglie che non sono in grado di riscaldare in modo adeguato l’abitazione. In Italia sono il 9,9% del totale con un picco del 16% nelle regioni del Mezzogiorno. Nel 2022 il 19,1% degli assistiti Caritas ha ricevuto un sussidio economico. Degli oltre 86mila sussidi economici erogati il 45% è stato a supporto di “bisogni energetici”.

Questi dati mettono i brividi se proiettate in avanti, a quando inizieranno ad accedere alla pensione lavoratori e lavoratrici che, come avviene per tutti quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, riceveranno un assegno calcolato solo in base al metodo contributivo.

Con stipendi bassi e carriere discontinue la pensione sarà ben al di sotto della metà dell’ultima busta paga percepita.

Questa sarà la trappola della disperazione da cui è sempre più difficile sfuggire, minori poveri che trovano lavori poco retribuiti e che finiranno per essere pensionati ancora più poveri.

Alfredo Magnifico

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