Per quota 100 si intende un meccanismo di pensionamento anticipato che consente di lasciare il lavoro prima di avere maturato i requisiti attualmente in vigore dal primo gennaio (67 anni di età per gli uomini e 66 anni e 7 mesi per le donne con 20 anni di contributi, oppure in base alla contribuzione con 43 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 5 mesi per le donne indipendetemente dall’età). Quota 100 prevede invece almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi.
Quando si può andare in pensione con quota 100
Nel settore privato, chi ha maturato i diritti a quota 100 entro il 31 dicembre 2018 potrà andare in pensione dal primo aprile 2019; chi li matura dal primo gennaio 2019 avrà diritto alla pensione tre mesi dopo.
I dipendenti pubblici seguono regole diverse. I lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2018 avranno accesso alla pensione dal primo agosto, per gli altri la decorrenza partirà sei mesi dopo la maturazione dei requisiti con l’obbligo di preavviso di sei mesi. Se un lavoratore ad esempio raggiungesse i requisiti dal primo maggio, potrebbe andare in pensione dal primo novembre. I lavoratori della scuola possono andare via a inizio anno scolastico, a settembre.
Lavoro e quota 100
Coloro che decidono di andare in pensione con quota 100 non possono, fino al raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia, cumulare altri redditi, quindi lavorare.
Quanto si riduce la pensione con quota 100
Non si tratta di una vera e propria penalizzazione, perché chi lascia il lavoro con quota 100 incassa tutto quanto maturato fino a quel momento. Andare in pensione prima siginifica però inevitabilmente versare meno contributi rispetto a quanto sarebbe accaduto se si fosse atteso il raggiungimento dell’età per il pensionamento di vecchia. Versando di meno si incassa di meno. Quanto? L’Upb ha condotto delle simulazioni prima di conoscere il testo definitivo del provvedimento, ipotizzando tagli dal 5 al 34%.