“Per smorzare le spesso inutili polemiche tra gli inguaribili romantici della tradizione casearia molisana, che però non tengono conto dell’evoluzione ormai globale dei mercati (e dell’economia pastorale ormai praticamente scomparsa) e i fautori di una produzione moderna e quindi concorrenziale che perlomeno garantisce redditività alle imprese molisane, è sufficiente una rapida analisi – numeri alla mano – del settore dell’allevamento di vacche da latte in Molise”. Esordisce così l’intervento di “Forche Caudine”, nel suo storico ruolo di think tank libero da condizionamenti, sul settore caseario molisano.
L’associazione fornisce quindi i numeri che parlano, innegabilmente, di un tessuto aziendale che si assottiglia da anni a fronte di un numero dei capi che resta sostanzialmente stabile.
“In provincia di Isernia, dove il settore lattiero-caseario è più rilevante rispetto all’economia totale dell’intera provincia (benché il numero degli allevatori rappresenti un quarto di quelli presenti in tutto il Molise), le aziende sono passate da circa 1.600 negli anni Ottanta a 608 nel 2000, con una caduta complessiva tra il 1982 e il 2000 di ben il 62 per cento. Nonostante ciò, nello stesso periodo il numero di vacche da latte ha subito un ridimensionamento contenuto, meno 7 per cento”.
I comuni con maggiore concentrazione sono, nell’ordine, Frosolone, Agnone, Montenero Val Cocchiara, Macchiagodena e Venafro, che complessivamente allevano circa il 50 per cento dei capi di bestiame in provincia.
“A Campobasso i trend sono analoghi: al crollo numerico delle aziende non è corrisposta una drastica riduzione dei bovini da latte, calati di appena il 4 per cento”.
“Cosa significa ciò?”, si chiede l’associazione-giornale dei molisani a Roma.
“Al di là dei tanti allevatori scomparsi o che hanno gettato la spugna, il settore è ancora vitale, per quanto debole. Tuttavia è in atto una concentrazione che, questo il punto, mantiene una forte difformità tra grandi aziende, che per lo più commercializzano il prodotto fuori dai confini regionali, e piccolissime, il cui latte è fornito a filiere più grandi o finisce in produzione venduta quasi esclusivamente in loco.
La conferma di questa difformità – continua “Forche Caudine” – è offerta dai dati dall’ultimo Censimento: un’azienda molisana che alleva vacche da latte ha una media di 7,6 capi di bestiame (9,2 in provincia di Isernia), ma per metà degli allevatori il numero di capi non supera 5 e in tre casi su quattro non supera 10. Per quanto riguarda la superficie agricola utilizzata (Sau), in Molise per metà delle aziende che allevano vacche da latte l’estensione non supera i 10 ettari”.
L’associazione, quindi, offre il suo consiglio, dal momento che non è difficile ipotizzare dove la qualità del prodotto sia più alta tra un piccolo o un grande produttore: “Promuovere il prodotto ‘di nicchia’ in loco, abbinandolo al turismo esperienziale, come avviene ormai in tante altre regioni, tra strade dei vini o fiere di fama crescente anche a livello internazionale”. (forchecaudine.com)