L’Istat ha analizzato l’influenza delle attività illecite sull’economia in un rapporto dal titolo “L’economia non osservata nei conti nazionali” per gli anni dal 2012 al 2015 e arriva alla conclusione che il Pil aumenta anche grazie alla crescita delle attività illecite.
Nel 2015 l’economia non osservata – sommerso economico e attività illegali – vale 208 miliardi di euro, ovvero il 12,6% del Pil, un pò alla volta cresce,ma,con amarezza si può affermare che parte del nostro benessere deriva ,anche, da attività illecite.
Il nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali che gli stati membri dell’Unione Europea hanno adottato, a partire da settembre 2014, comprende nel calcolo del Pil le attività di reddito indipendentemente dallo status giuridico, permettendo di far rientrare nei conti anche l’attività illegale.
L’incidenza della componente non osservata dell’economia sul Pil ha segnato nel 2015 una brusca diminuzione, scendendo di 0,5 punti percentuali rispetto al 2014.
L’economia non osservata è scesa per via di una flessione del sommerso, non per diminuzione di attività illegali, che sono rimaste su livelli pressoché costanti durante gli anni e hanno prodotto un valore aggiunto pari a 15,8 miliardi di euro, ovvero 0,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente, il peso di queste attività, sul complesso del valore aggiunto, si mantiene stabile all’1,2%.
L’Istat, su indicazioni di Eurostat, ha incluso nel sistema dei conti solo alcune attività economiche: traffico di stupefacenti, prostituzione e contrabbando di tabacco.
Il traffico di stupefacenti è l’attività più rilevante tra quelle illegali, con un valore aggiunto che nel 2015 si attesta a 11,8 miliardi di euro, ovvero poco meno del 75% del valore complessivo delle attività illegali,con un ammontare di consumi delle famiglie pari a 14,3 miliardi di euro.
La prostituzione realizza un valore aggiunto pari a 3,6 miliardi di euro – poco meno del 25% dell’insieme delle attività illegali e consumi per circa 4 miliardi di euro.
Il contrabbando di sigarette – calcolato analizzando il lato dell’offerta – è pari a circa 0,4 miliardi di euro, con un incremento di poco inferiore a 100 milioni di euro rispetto al 2014.
Infine, l’indotto connesso alle attività illegali, riferibile al settore dei trasporti e del magazzinaggio, si è mantenuto sostanzialmente costante, generando un valore aggiunto pari a circa 1,3 miliardi di euro.
Questi dati rappresentano una parte minoritaria del Pil italiano, eticamente non è accettabile che il coefficiente più importante per valutare lo stato di salute del Paese coinvolga attività illegali che spesso sono legate a doppio filo con le mafie, “in uno stato di diritto la criminalità dovrebbe essere sempre combattuta” in barba all’economia e al sistema omogeneo di calcolo del Pil nei paesi dell’unione. Come Vespasiano possiamo affermare;Pecunia non olet.
Alfredo Magnifico
Il Pil aumenta grazie alla crescita delle attività illegali
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