Perché non chiudere negozi e supermercati nei giorni ‘rossi’?

Con l’avvicinarsi delle festività natalizie il mio pensiero va a quei lavoratori che passano le festività sul loro posto di lavoro, senza potersi godere la famiglia o gli amici.

Il governo Meloni si è insediato da due anni, ma fino ad ora nessun provvedimento all’insegna della tanto decantata “destra sociale”, che dovrebbe andare in aiuto ai lavoratori e ai poveri.

Purtroppo uno dei primi provvedimenti è stato l’abolizione del Reddito di cittadinanza, che alleviava la povertà, ora è in discussione una stretta sulla Naspi, (il sussidio di disoccupazione), motivata dagli abusi che talvolta se ne fanno, provvedimenti che rappresentano un ulteriore distruzione di quel “welfare state” di cui non rimangono più neanche le briciole.

La manovra che dovrebbe essere approvata nelle prossime ore è caratterizzata da un austerità che neanche Monti era riuscito a ipotizzare, anche se non mancano mancette varie, aumenti ai ministri mascherati da rimborsi, soldi al Ponte e tanti condoni.

La proposta di Fratelli d’Italia di chiudere negozi e supermercati nelle festività “rosse”, non di domenica, ma Natale, Pasqua, Ferragosto, primo Maggio, Capodanno e Santo Stefano, mi sembra l’unica che abbia un vago sapore sociale, anche se in alcuni di questi giorni, i supermercati sono già effettivamente chiusi (ma senza obbligo).

In Italia siamo abituati; ad avere negozi e supermercati aperti tutto il giorno, dalla mattina presto alle 22 (supermercati e centri commerciali), a pensare che possiamo acquistare un litro di latte il giorno di Natale o a fare shopping a Ferragosto al centro commerciale, come se fosse normale, senza conseguenze.

Ho girato per tutta Europa ed ho costatato che è un’anomalia tutta italiana, in buona parte dei paesi europei i negozi sono chiusi non solo durante le feste rosse, ma anche nel tardo pomeriggio e la domenica, alcuni chiudono in orario anticipato anche di sabato pomeriggio.

In alcuni momenti, vedere tutto chiuso, mi dava una sensazione di riposo, di pausa dall’acquisto forsennato quotidiano, ma soprattutto,di tutela dei lavoratori, specie per chi ha persone da accudire, specie i genitori che non possono fare il Natale con i figli perché gli tocca restare in negozio a vendere l’ennesimo paio di scarpe.

Immaginarsi un mondo del lavoro tutelato, trasparente, ideale, dove non si lavora il giorno di Natale e feste comandate, anche se prende il doppio ed è contento di farlo, mi sembra pura utopia.

Sottrarre sei giorni l’anno all’acquisto permetterebbe di ricordare che non tutto è consumo, che ci sono dei giorni dove non si compra, dove si fanno altre cose, si sta insieme, per chi è religioso si celebrano le festività, è una misura che c’è vita, oltre la spesa.

Il rapporto Censis, ha spiegato bene, di come la gente non crede più a niente, tantomeno alla politica, e sa che deve sopravvivere come può, con aiuti di amici e parenti.

Riposare nelle feste comandate non cambierà le vite delle commesse, ma sancirà alcuni sacri principi:

·        che questo sistema economico non può mangiare tutte le nostre esistenze,

·        che chi lavora non deve essere posto di fronte al ricatto di lavorare i giorni di festa,

·        che il consumo può fermarsi, per poche ore e nei giorni che simboleggiano ben altri e più fondamentali valori: famiglia, amicizia, condivisione, riposo, preghiera.

Alfredo Magnifico

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