Banca d’Italia fa dispiacere il Governo con Il ritocco al ribasso dei Conti economici, infatti, nei primi sei mesi del 2024, il PIL italiano è cresciuto dello 0,4% e non dello 0,6% come aveva stimato Istat, infatti, l’incremento è stato dello 0,2% sul trimestre precedente e dello 0,6% sullo stesso periodo del 2023.
La crescita decantata dal governo, nel Piano strutturale di bilancio, prevedeva, per il 2024, un incremento del PIL dell’1%, difficilmente raggiungibile secondo le previsioni di Banca d’Italia, che, recentemente, ha fissato allo 0,8% le stime di crescita per il 2024, tale correzione ha implicazioni negative sul raggiungimento degli obiettivi che il governo si era posto per ridurre il rapporto debito/PIL e poter uscire così dalla procedura di deficit-eccessivo avviata a giugno dall’Unione europea nei confronti dell’Italia.
Secondo l’Istat, nel secondo trimestre l’incidenza deficit della pubblica amministrazione (AP) sul PIL è diminuito rispetto allo stesso periodo 2023 (-3,4% contro -5%), le uscite sono scese dell’1,3% sul secondo trimestre dell’anno scorso e la loro incidenza sul Prodotto interno lordo è calato dell’1,7% attestandosi al 49,2%.
Nei primi sei mesi dell’anno la riduzione è stata del 2%, le entrate sono aumentate del 2% l’incidenza sul PIL è scesa dello 0,1% al 45,8% rispetto allo stesso periodo del 2023 (43,4% nei primi sei mesi del 2024).
Nei primi due trimestri del 2024 le AP hanno registrato un indebitamento netto pari al -5,8% del PIL, in miglioramento rispetto al -7,9% del corrispondente periodo del 2023, con un aumento della pressione fiscale al 41,3% (+0,9%) e un ritorno in positivo del saldo primario (differenza tra entrate e spese al netto degli interessi passivi), per la prima volta dal quarto trimestre 2019 (+1,1% sul PIL).
I conti trimestrali Istat mostrano un aumento del reddito lordo delle famiglie dell’1,2% nel periodo aprile-giugno e una crescita analoga del potere di acquisto, frutto del rallentamento dell’inflazione, ma, tuttavia, non sono così propense a spendere, infatti i dati sui consumi mostrano un +0,4% e sono inferiori all’incremento del reddito, di contro, gli italiani aumentano i risparmi anche nel secondo trimestre (+0,8% rispetto ai primi tre mesi dell’anno), in pratica, il 10,8% del reddito viene messo da parte.
I conti trimestrali dell’Istat mostrano un calo dei profitti delle imprese non finanziarie, dopo l’ascesa registrata fino al primo trimestre del 2023.
La diminuzione è stata dell’1,2% nel periodo aprile-giugno in confronto ai primi tre mesi dell’anno.
La quota di profitto delle imprese non finanziarie è risultata pari al 42,6%; “In termini congiunturali, la flessione di questo indicatore è il risultato di una forte diminuzione del risultato lordo di gestione (-2,9%) e di una più lieve flessione del valore aggiunto (-0,2%)”.
Istat dipinge così un quadro in chiaroscuro per l’Italia, in particolare per quanto riguarda le prospettive di crescita futura e dei conti pubblici.
Lo stesso Ministro Giorgetti, nel presentare il Piano strutturale di bilancio ha detto che “la situazione economica, occupazionale e di finanza pubblica dell’Italia è in miglioramento malgrado la caduta dei livelli produttivi dell’industria, il preoccupante allargamento dei conflitti internazionali e sfide tecnologiche e ambientali di crescente complessità”, questa sua dichiarazione ha sollevato non poche alzate di scudo da parte non solo delle opposizioni ma anche dei compagni di governo per non dire addirittura della compagine leghista.
Secondo i piani del governo il risanamento dei conti pubblici porterebbe l’Italia fuori dalla procedura “per deficit eccessivo” nel 2026, quando il deficit fiscale potrebbe scendere sotto il 3% del PIL, così che la traiettoria di bilancio rimarrebbe conforme alle regole di bilancio europee, tuttavia gli economisti prevedono che tale obiettivo sarà impegnativo da raggiungere nel 2027, quando il costo dei crediti d’imposta per l’edilizia peserà ancora sul fabbisogno finanziario.
I Piani mostrano un rapido processo di consolidamento fiscale, ma gli economisti fanno notare che questo programma arriva in un momento in cui la crescita economica perde vigore, anche se le entrate fiscali restano costanti.
A partire dal 2025 il tasso di indebitamento tornerà positivo, per la prima volta dal 2020 e il costo effettivo del debito supererà la crescita del PIL, inoltre, il consolidamento fiscale, proposto dal governo, peserà sulla crescita futura, con il rischio di portare l’economia italiana in recessione.
Secondo le previsioni di Goldman Sachs, il consolidamento fiscale andrà più lentamente rispetto al piano del governo, con il saldo primario che si stabilizzerà a un livello inferiore rispetto alle stime dell’esecutivo, con il debito/PIL che inizierà a diminuire più lentamente e solo a partire dal 2027.
Alfredo Magnifico