Non è la disuguaglianza che  rende le persone infelici, ma la povertà

Gli anticapitalisti vedono nelle differenze di ricchezza tra le fasce della popolazione, un nemico da combattere.

Studi recenti rivelano che si tratta di uno luogo comune: non c’è correlazione tra umore e differenze di reddito, il vero problema è la povertà

Molti politici, giornalisti, intellettuali e accademici, sono ossessionati dalla disuguaglianza, di solito, teorizzano dando per scontato che a più uguaglianza corrisponde una maggiore felicità.

I dati di queste indagini sono stati analizzati insieme ai dati sulla disuguaglianza di reddito, in ciascuno dei Paesi esaminati, hanno mantenuto costanti tutti i fattori che hanno un’influenza sulla felicità (età, stato civile, istruzione, reddito, sesso, Pil pro capite, ecc.).

I risultati della ricerca sono chiari: non è come gli anticapitalisti vorrebbero farci credere, a maggiore disuguaglianza equivalga minore felicità, ma è il contrario, a più disuguaglianza corrisponde maggiore felicità, mettendo insieme gli intervistati delle nazioni in via di sviluppo e delle nazioni avanzate, senza tener conto delle importanti differenze tra di loro, la disuguaglianza è associata a maggiore benessere.

Nelle società in via di sviluppo c’è una correlazione statisticamente chiara tra felicità e disuguaglianza: più disuguaglianza significa maggiore felicità.

Gli scienziati hanno spiegato questa tendenza con il “fattore speranza”: le persone nei Paesi in via di sviluppo spesso vedono la disuguaglianza come un incentivo a migliorare la propria situazione, per esempio attraverso una migliore istruzione. Alcuni gruppi riescono a salire nella scala sociale e a guadagnare di più in questo modo, e questo a sua volta sprona gli altri.

Nei Paesi sviluppati, al contrario, questa correlazione non è così evidente. Ma anche qui, una maggiore disuguaglianza non ha portato a una minore felicità; piuttosto, si può affermare con certezza che un maggiore o minore grado di disuguaglianza non ha effetti diretti sulla felicità delle persone. Per esempio, non c’è quasi nessuna differenza nella percezione della felicità tra le persone in Svezia e nei Paesi Bassi da un lato e Singapore e Taiwan dall’altro, anche se c’è più uguaglianza in Svezia e nei Paesi Bassi (stando al coefficiente di Gini) che a Taiwan e Singapore.

E’difficile misurare oggettivamente i livelli di felicità e benessere, soprattutto perché ci sono molte differenze culturali tra i Paesi che influiscono sul modo in cui le persone rispondono alle domande che ho riportato sopra. L’assunzione che a più uguaglianza corrisponda più felicità è semplicemente uno dei tanti pregiudizi anticapitalisti privi di fondamento.

Ciò che rende le persone infelici è più la povertà che la disuguaglianza, quindi dovremmo concentrarci di più su come ridurre la povertà piuttosto che fissarsi sulla questione della disuguaglianza.

Alfredo Magnifico

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