Per il mondo del lavoro in futuro si prospettano sfide globali che rendono quanto mai necessario, più che in passato, il reciproco riconoscimento –rispetto- di lavoratori, sindacati, imprese e governi.
Serve tanto dialogo sociale, ma occorre, soprattutto, anche contrattazione, un piano di riconoscimento più alto, dove i diritti di chi lavora siano riconosciuti e tutelati, soprattutto salari non poveri, diritto alla cura, diritto alla formazione.
Non si siamo nelle condizioni da soli di affrontare macro temi come intelligenza artificiale e lavoro, transizione verde e digitale, invecchiamento e formazione, ognuno nel suo Paese e ognuno da solo, ma c’è la necessità, sia sul piano sindacale sia sul piano politico, di essere in grado di avere linee e posizioni comuni.
È necessario non lasciare fare al mercato ma serve rimettere al centro il lavoro e l’intelligenza, non quella artificiale ma l’intelligenza delle persone che attraverso il loro lavoro possono cambiare il modello di sviluppo e di produzione, che, negli ultimi decenni scanditi e caratterizzati dalla globalizzazione, ha impoverito lavoratrici e lavoratori.
La tecnologia non è neutra, serve riposizionare i lavoratori nelle condizioni di poter discutere come viene utilizzata, per quali fini, chi la controlla e utilizza i dati.
Il problema non è essere contro tecnologia e modernismo, ma come questi si utilizzano.
La logica è il modello sociale da affermare, e non il mercato, e al centro deve essere posta la persona.
La nostra Costituzione parla di libertà, democrazia, lavoro dignitoso, diritti, veri cardini dei sistemi di convivenza contemporanei, bisogna riconoscere che una persona per essere libera non può essere precaria, deve avere uno stipendio dignitoso, non salari da fame, non deve rischiare di morire sul lavoro, cosa che quotidianamente accade, deve avere garantiti per tutta la vita alcuni diritti fondamentali, quali: cura, sanità pubblica, formazione e istruzione.
Solo il dialogo sociale non basta, occorre la “contrattazione collettiva”, perché “è il momento di realizzare degli accordi, non solo di ascoltarsi reciprocamente”.
Per affrontare la complessità di questi temi, e i “processi di cambiamento che riguardano tutti, compreso il cambiamento climatico” occorre un di più di “responsabilità sociale” da parte delle imprese, occorre “l’umiltà” di comprendere che processi simili si governano solo con “l’intelligenza collettiva di tutti”.
Nella contrattazione esistono due soggetti, impresa e capitale, ma esiste anche il lavoro e le persone questi soggetti devono avere pari dignità, la contrattazione deve essere finalizzata a ricercare quella mediazione tra questi due interessi per un bene comune.
Non lasciare fare al mercato, significa anche rilanciare le politiche industriali che utilizzino le risorse pubbliche per indirizzare e costruire un nuovo modello di sviluppo, un nuovo modello di lavoro e combattere le diseguaglianze, aumentare i salari, introdurre una legislazione che rafforzi la contrattazione collettiva e i salari minimi.
Le grandi ricchezze sono aumentate in questi anni mentre il lavoro si è impoverito, è nato un modello sociale ed economico che non va bene, e non è un caso che si sia sviluppata la crisi della democrazia.
Abbiamo bisogno che il lavoro e la giustizia sociale tornino ad essere i cardini delle politiche economiche e sociali del paese.
Alfredo Magnifico