Ai fini del monitoraggio fiscale anche i soggetti non beneficiari effettivi dei trasferimenti devono ritenersi destinatari dell’obbligo di indicare, nella propria dichiarazione dei redditi, gli investimenti all’estero e/o le attività estere di natura finanziaria detenuti al termine del periodo d’imposta. E ciò tutte le volte che tali soggetti abbiano la disponibilità e/o la possibilità di movimentazione di detti investimenti e/o attività: è il caso dell’amministratore che opera sui conti esteri della società nell’interesse della stessa.pertanto l’obbligo di dichiarazione dei redditi e di compilazione del quadro RW del modello UNICO ai fini del monitoraggio fiscale (Dl 167/1990) non riguarda solo i titolari delle attività detenute all’estero, ma anche coloro che ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n.16404/2015. Una corretta compilazione della dichiarazione dei redditi evita l’applicazione delle pesanti sanzioni previste in caso di violazioni connesse a tale obbligo. I soggetti interessati devono compilare e presentare il modulo in questione anche nel caso in cui siano esonerati dalla presentazione della dichiarazione UNICO.
Sentenza Cassazione
Il caso riguardava la contestazione dell’Agenzia delle Entrate dell’omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi da parte di due contribuenti che avevano potere decisionale sui conti in questione. Due contribuenti impugnavano altrettanti avvisi di irrogazione sanzioni con cui l’Agenzia delle Entrate, accertata la disponibilità di attività finanziarie estere, aveva contestato l’omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi del 1992 (articolo 4 del Dl 167/1990).
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione ha considerato fondato il motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata, con rinvio della controversia ad altra sezione della Ctr del Lazio per l’applicazione dei principi da essa fissati.
Secondo i giudici di legittimità, che sul punto hanno richiamato un orientamento giurisprudenziale consolidato (cfr Cassazione, sentenza 17051/2010 e, 26848/2014), un’interpretazione letterale della legge (che parla di detenzione) porta inevitabilmente a ritenere che l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 4 del Dl 167/1990 “riguarda non solo l’intestatario formale e il beneficiario effettivo di investimenti o attività di natura finanziaria all’estero, ma anche, tenuto conto della ratio della previsione normativa, colui che, all’estero, abbia avuto la disponibilità di fatto di somme di danaro non proprie”.
La Ctp e la Crt avevano accolto il ricorso dei contribuenti, mentre la Corte di Cassazione ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate ritenendo che per l’applicazione degli articoli 4 e 5 del Dl 167/1990, ovvero ai fini degli obblighi dichiarativi previsti dalla normativa sul monitoraggio fiscale, rileva non solo il possesso delle attività finanziarie quanto il potere di disporre delle stesse, anche se nell’interesse di terzi.
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