Record di occupazione in Italia nel mese di febbraio, con un tasso salito al nuovo massimo storico del 63%, dato per noi positivo ma che che all’estero verrebbe considerato allarmante, visto che nel resto dell’Unione Europea in media sono occupati più di 70 persone su 100 tra 15 e 64 anni, così restiamo in fondo alla classifica, associati da questo punto di vista a stati come la Turchia.
C’è un altro dato che sconvolge e salta all’occhio dalle serie storiche dell’ISTAT, dal gennaio del 2004, riguarda i giovani, che non stanno beneficiando di questo boom dell’occupazione.
I numeri dicono che il nostro mercato del lavoro è sempre più anziano;
15-24 anni: 1,732 mln (7,8%) versus 1,191 (4,9%) tasso occupazione: 28,4% a 20,4% = -8% (inattività da 63,1% a 75,5%)
25-34 anni: 6,010 mln (27,1%) versus 4,233 (17,4%) tasso occupazione: 70,1% a 68,6% = -1,5% (inattività da 21,7% a 24,3%)
35-49 anni: 9,67 mln (43,6%) versus 8,809 (36,2%) tasso occupazione: 75,2% a 77,7% = +2,5% (inattività da 20,2% a 18,1%)
50+ anni: 4,789 mln (21,6%) versus 10,099 (41,1%) tasso occupazione: 22,7% a 37% = +14,3%
50-64 anni: 4,444 mln versus (20%) versus 9,238 (38%) tasso occupazione 41,8% a 66,6% = +24,8% (inattività da 56,4% a 31%)
Su questi numeri pesa la frequenza universitaria, infatti i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni occupati erano ad inizio 2004 1 milione 732 mila, incidendo per quasi l’8% del totale, a febbraio di quest’anno scendevano, in valore assoluto, a 1 milione 191 mila, meno del 5%.
La domanda che sorge spontanea è cos’è accaduto? Ci sono più ragazzi che frequentano l’università rispetto a una ventina di anni fa? Solo così si spiegherebbe l’impennata del tasso di inattività dal 63,1% al 75,5%, proseguendo con le classi di età, si scopre che, coloro che si collocano tra i 25 e i 34 anni sono scesi in percentuale dal 27,1% al 17,4% del totale degli occupati, la riduzione in valore assoluto è data dal calo demografico.
Tra i 35 e i 49 anni, scende il numero di occupati, arretrando dal 43,6% al 36,2%, ma sale il tasso di occupazione del 2,5% al 77,7%, va molto meglio tra gli over 50: circa +5,3 milioni di occupati, un tasso di occupazione in crescita del 14,3% al 37% (nel calcolo sono compresi anche gli over 64) e incidenza sul totale degli occupati esplosa dal 21,6% al 41,1%.
Anche solo concentrandoci sui lavoratori in età lavorativa 50-64 anni, l’incidenza sugli occupati passa dal 20% al 38% e l’occupazione dal 41,8% al 66,6%. In compenso, il tasso di inattività è crollato dal 56,4% al 31%.
Sullo sbilanciamento occupazionale verso l’alto hanno inciso le riforme della previdenza degli ultimi 20 anni, che hanno allungato la permanenza al lavoro tra gli over 60, a dire il vero in passato era frequente in Italia andare in pensione anche prima dei 60 anni di età.
Da questi dati emerge che il mercato del lavoro per oltre i tre quarti vede la presenza di persone dai 35 anni insù, meno di un quarto degli occupati ha un’età inferiore ai 35 anni, nel 2004, circa il 35% degli occupati aveva meno di 35 anni.
La vera questione spinosa sono gli inattivi, ovvero, coloro che, pur non lavorando, neanche cercano un’occupazione, i numeri suddivisi per classi di età ci dicono:
15-24 anni: 3,854 mln (26,9%) versus 4,408 (36%)
25-34 anni: 1,86 mln (13%) versus 1,497 (12,2%)
35-49 anni: 2,593 mln (18,1%) versus 2,053 (16,8%)
50-64 anni: 6,004 mln (42%) versus 4,296 (35%)
TOT: 14,311 mln TOT: 12,254 mln
Gli inattivi in valore assoluto sono crollati negli ultimi vent’anni di oltre 2 milioni di unità, nel frattempo, sono aumentati della stessa cifra gli occupati, la composizione dei primi, nel 2004 era intorno al 27% ed aveva un’età compresa tra 15 e 24 anni, oggi, la percentuale è salita al 36%, all’altro estremo ci sono coloro che hanno un’età tra i 50 e i 64 anni, incidevano per il 42% degli inattivi, mentre oggi per il 35%, gli under 35 erano il 40% degli inattivi ad inizio 2004 e oggi sfiorano il 50%.
Il mercato del lavoro italiano sta invecchiando sempre di più, l’età media degli occupati è sempre più alta, da un lato è la spia di una tendenza negativa, dall’altra costituisce un motivo di ottimismo per i giovani che avranno dinanzi a loro molte opportunità occupazionali, man mano che si saranno liberati posti di lavoro lasciati scoperti da quanti andranno in pensione.
Alfredo Magnifico