MAMOLAB: “Basta prese in giro, puntiamo sulla qualità del pescato e non più sulla sua quantità”

“Continuano a prenderci in giro, nessun cambiamento per la pesca in adriatico dei piccoli pelagici che vogliono portala all’esaurimento totale”
Lo scorso 13 novembre è stato approvato dal Parlamento Europeo il testo sulla gestione dei Piccoli Pelagici in Adriatico che servirà da base negoziale del Parlamento Europeo per i negoziati interistituzionali.
Nulla è cambiato, ancora una volta il volere della Croazia e di una piccola minoranza della flotta italiana dell’Alto Adriatico, appoggiato da gran parte dei Parlamentari Italiani presenti alla votazione, ha avuto la meglio sulle proposte alternative invocata da più anni dalla maggioranza delle imprese dell’Adriatico che praticano la pesca dei piccoli pelagici.
Un testo in cui è previsto un’ipotetica riduzione dello sforzo di pesca del 4% rispetto ai dati del 2014. Senza giustificare né perché è stato scelto il 2014 (anno più pescoso degli ultimi 5) ne tantomeno come ridurre nel pratico questo 4%. Un testo che è soprattutto una presa in giro, dato che si è di fatto ottenuta una proroga all’applicazione di vere misure di salvaguardia nascondendosi dietro la motivazione dell’”assenza di dati certi ed attendibili da parte della ricerca”, un vero coraggio in considerazione dei tanti, tantissimi, soldi spesi in passato per le ricerche. Altra presa in giro il voler attribuire ripercussioni socio-economiche per l’impresa all’eventuale applicazione delle quote al pescato sbarcato, quando invece all’armatore stesso conviene vendere più 1.000 casse a 10 euro ciascuna anziché 2.000 casse a 5 euro.
Ancora una volta è stato dato ascolto a chi punta ad una pesca di quantità e non di qualità, senza limiti di cattura né tantomeno di taglie minime di sbarco. Un suicidio.
Nel corso degli ultimi anni MA.MOL.AB. ha presentato a varie istituzioni, locali e nazionali, la necessità di attuare delle azioni maggiormente restrittive sull’attività di pesca a reale tutela dell’ambiente e della risorsa.
Occorre differenziare le politiche di salvaguardia della pesca tra il nord ed il basso adriatico che si differenziano per differenti contesti ambientali, naturalistici e sociali, completamente diversi così come dimostrato da recenti studi di enti di ricerca scientifica.
Occorre partire da questo importante elemento per redigere una proposta seria e soprattutto efficace ed efficiente. Di seguito la proposta di Ma.Mol.Ab.
1) Favorire la regionalizzazione delle politiche decisionali e di gestione così come previsto dalla UE.
La GSA17 presenta tra l’Alto ed il Medio Adriatico delle differenze sostanziali nelle caratteristiche di alici e sarde che vengono pescate, sia in termini di taglia che di specificità morfologiche dei fondali che registrano profondità diverse.
La metodologa per definire dunque le chiusure spazio temporali ed ulteriori restrizioni dell’attività di pesca dei piccoli pelagici nella GSA17 (a cui partecipano anche imprese registrate nella GSA 18) deve riguardare degli ambiti di applicazione localizzati, ovvero occorre che il Ministero strutturi insieme alla ricerca, alle associazioni di categoria e alle OP riconosciute sul territorio, dei tavoli di lavoro locali in grado di definire le strategie locali, sempre in armonia con il contesto della GSA.
Immaginiamo nello specifico due tavoli: uno per l’alto adriatico (da Chioggia a Civitanova) ed uno per il medio adriatico (da San Benedetto del Tronto a Termoli), ovvero suddividiamo gli ambiti di applicazione della GSA 17 in due ambiti distinti di gestione (Alto Adriatico e Medio Adriatico) così come dimostrato da recenti studi scientifici.
2) definizione delle quote del pescato
Oltre alla definizione dell’elenco delle imprese adibite alla pesca dei piccoli pelagici in adriatico (secondo dati storici delle catture per impresa) occorre definizione delle quote del pescato per impresa.
In riferimento invece alle quote, queste devono essere ripartite necessariamente in maniera equa le quote tra tutte le imprese che operano. Tale ripartizione non va fatta secondo dati storici perché altrimenti si andrebbero a premiare chi in passato a esercitato una pesca più assidua e intensiva rispetto a chi invece ha voluto meglio salvaguardare la risorsa e l’ambiente attuando delle restrizioni volontarie. Occorre invertire la tendenza attuale e puntare maggiormente sulla qualità del pescato (in termini anche di pezzatura) e non più sulla quantità.
Le imprese della pesca che esercitano la propria attività tra San Benedetto del Tronto e Termoli si mostrano disponibili a collaborare intraprendendo un’azione pilota fissando una quota delle catture possibili per le due specie bersaglio, delle alici e delle sardine, per ogni singola impresa di pesca (a volante o a circuizione) in modo tale da garantire la sostenibilità della risorsa.
Un esempio per il primo anno può essere la seguente distribuzione di quote:
– per il sistema di pesca a volante un quantitativo massimo di 1.800 casse (da 8kg ) settimanali con limite giornaliero di 500 casse per coppia. Casse da kg. 8 (ovvero 14.400 kg settimanali)
– per il sistema a circuizione un limite massimo di 7.000 casse (da kg 8,00 ciascuna) mensili con limite massimo giornaliero di 700 casse ( ovvero 56.000 kg mensili);
– chiusura alla pesca nella fascia costiera fino ad 8 miglia dalla costa (o comunque a profondità non inferiore a 80 metri)
Per il primo anno le taglie minime che si intendono considerare sono espresse in 110 pezzi per Kg per le alici.
Le misure gestionali introdotte, assoggettate ad una verifica continua, devono rispondere al principio della flessibilità e reversibilità, per accertarne la rispondenza agli obiettivi del Piano e per introdurre eventuali misure tecniche correttive.
Queste sono esempi di misure serie e di reale svolta per cambiare veramente in meglio il futuro della pesca dei piccoli pelagici in adriatico, il resto sono solo prese in giro utili a far scomparire il mestiere del pescatore.

Vincenzino Crescenzi
Presidente O.P. ABRUZZO PESCA e
Presidente MA.MOL.AB –  Rete delle Imprese di Pesca del Medio Adriatico 
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