Aziende che effettuano un licenziamento collettivo senza base economica reale devono essere punite finanziariamente. Sono le richieste del Parlamento europeo che invita la Commissione europea a presentare una nuova normativa che preveda “mezzi più efficaci per vigilare sui licenziamenti collettivi”. Licenziamenti annunciati presso Caterpillar a Gosselies e Alstom a Belfort (Francia) che hanno mobilitato i deputati. Dopo aver discusso il mese scorso sulla necessità di una politica industriale europea, i gruppi politici si sono riuniti concludendo con una risoluzione congiunta. In questo testo, approvato a larga maggioranza, i deputati stigmatizzano “la progressiva finanziarizzazione dell’economia reale, che si concentra sui risultati finanziari a breve termine”. Chiedono che la Commissione e più specificamente a Marianne Thyssen, membro della Commissione europea responsabile per l’occupazione e gli affari sociali (CD & V), di concertare una verifica con le parti sociali, se la normativa sui licenziamenti collettivi dovrà essere rivista. Il Parlamento ha anche un suggerimento per Marianne Thyssen. Sulla proposta di Marie Arena (PS), Kathleen Van Brempt (SP. a) e Bart Staes (Groen), suggerisce misure per evitare licenziamenti di massa, quali pesanti sanzioni pecuniarie. Alle aziende che licenzieranno per aumentare i loro profitti potrebbe essere negato l’accesso ai programmi comunitari o di dover rimborsare gli aiuti di stato. Marie Arena ha accolto il segnale inviato dal Parlamento europeo con la sua risoluzione. “Multinazionali dovrebbero assumersi le proprie responsabilità”, ha commentato. Per l’eurodeputata socialista, Caterpillar è il simbolo di queste grandi compagnie nel perseguire un modello di business che finisce per danneggiare le aziende e i lavoratori. “Continua a fare profitti, ma trovare i dividendi ai suoi azionisti è più importante che il benessere dei lavoratori di Gosselies.” La chiusura del sito di Charleroi dovrebbe provocare migliaia di licenziamenti, anche per i subappaltatori. Caterpillar ha ricevuto i sindacati a Strasburgo questa settimana. Claude Rolin (cdH) ha incontrato anche loro. Nella sua risoluzione, il Parlamento ha anche detto che l’industria europea deve essere vista come un asset strategico per la competitività e la sostenibilità dell’Unione europea. Intanto sono ben 6.000 i lavoratori dell’indotto della Caterpillar che rischiano il licenziamento con la chiusura del sito di Gosselies. È un vero e proprio dramma sociale quello che si è abbattuto in Belgio con la chiusura del sito di Gosselies della multinazionale americana Caterpillar, nel sud del Belgio a pochi chilometri da Charleroi, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Il colosso americano, leader mondiale del genio civile, ha licenziato 2.000 lavoratori, in maggioranza con mansione di operaio. Una decisione comunicata improvvisamente mentre gli stessi operai erano sul posto di lavoro con un semplice sms, nell’imbarazzo generale dei rappresentanti sindacali e delle autorità pubbliche che avevano sostenuto e finanziato con fondi pubblici la ristrutturazione dell’azienda del 2013. Il dramma sociale che si annuncia su una provincia già duramente toccata dallo smantellamento progressivo dell’indotto dell’industria pesante (una delle principali mete della migrazione italiana della seconda metà del ’900) rischia di essere molto più grande. Una vicenda che rischia di ripetersi in altri paesi europei come l’Irlanda, il Regno Unito e l’Italia, nel caso in cui la chiusura del sito di Gosselies non fosse che l’inizio di una delocalizzazione di altre strutture produttive verso la Cina o gli stessi Stati Uniti, dove il costo del lavoro è decisamente più basso.
L’UE chiede sanzioni per licenziamento ingiustificato
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