L’ultimo rapporto del Cnel, “Demografia e Forza Lavoro” scatta una fotografia preoccupante dell’Italia; i giovani sono sempre meno e vivono una condizione di persistente svantaggio, e sembra dimenticare il futuro, con il tasso di fecondità da decenni tra i più bassi in Europa, con una media inferiore a 1,5 figli per donna.
L’Italia è diventato un paese di anziani: dagli anni ’90, gli ultra 65enni hanno superato stabilmente i ragazzi al di sotto dei 15 anni, più passa il tempo più la situazione si aggrava con gli anziani che superano non solo i giovani sotto i 25 anni, ma anche, secondo le proiezioni del Cnel, presto supererà l’intera fascia di popolazione tra 0 e 35 anni.
La condizione dei giovani desta allarme, la loro presenza nel mercato del lavoro, non solo è ridotta, ma si è anche aggravata negli ultimi vent’anni.
Il governo Meloni celebra il record storico di 24 milioni di occupati, senza dire che i lavoratori sotto i 34 anni sono diminuiti di oltre due milioni nello stesso periodo,il vero paradosso è che a guadagnare terreno sono gli over 50, che oggi rappresentano quasi il doppio rispetto a vent’anni fa.
A completare il quadro già di per se desolante e fosco, c’è la qualità dei posti di lavoro che si rivolgono ai giovani; contratti a termine, occupazioni discontinue, part-time involontari, ad aggravare la situazione rispetto ad altre categorie, è che affrontano con maggiore frequenza il rischio di salari bassi, una realtà che incide soprattutto sulle donne e su chi ha un titolo di studio inferiore.
Per le giovani laureate, la probabilità di essere disoccupate o sottopagate resta significativamente più alta rispetto ai colleghi uomini.
I dati delineano una relazione che sembra inequivocabile: senza lavoro stabile e adeguatamente retribuito, i giovani non possono costruire famiglie né avere figli, senza nuove generazioni, l’Italia continua a perdere slancio e innovazione, il risultato è un circolo vizioso che alimenta la denatalità e frena la crescita economica e sociale del Paese.
Il Cnel suggerisce interventi sulle politiche; industriali, sociali e per la famiglia, essendosi già negativamente espresso evita di dire che,soprattutto per certe fasce forse,sarebbero da prendere due misure che non richiedono ingenti risorse e potrebbero avere un impatto immediato: l’introduzione del salario minimo legale, una più severa regolamentazione dei contratti a tempo determinato e regole più stringenti per i nuovi lavori che la contrattazione non regolamenta.
Alfredo Magnifico