L’Intervento/ Superata la crisi occupazionale da Covid, restano i problemi strutturali

La crisi occupazionale si è arrestata grazie al tempestivo intervento del governo e della Banca Centrale Europea, alla campagna vaccinale e alla ripresa economica mondiale.

Il numero di occupati è ancora inferiore al periodo pre-pandemia di 115mila unità, a febbraio 2020 il numero di occupati era 23,17 milioni e nel novembre del 2021 era 23,06, il mercato del lavoro italiano dovrebbe generare ancora 115mila posti di lavoro per tornare ai livelli pre pandemici, anche se, non è stato il Covid a distruggere quei posti di lavoro ma la struttura della popolazione italiana.

L’Istat, evidenzia un progressivo invecchiamento della popolazione, con un calo nella fascia dai 15 ai 49 anni di circa -1,7% annuo, pari a oltre 400 mila persone, dovuto alla fuoriuscita dei 49enni, non compensata dall’ingresso di 15enni, contemporaneamente si rileva la crescita della classe 50-64 anni, mediamente +1,2% annuo, pari a circa 150 mila persone.

La fascia  d’età compresa tra 15 e 64 anni è diminuita di quasi 250mila persone, il calo degli occupati è la conseguenza della diminuzione del numero di persone in età lavorativa, unica nota positiva il calo degli occupati è meno marcato del calo della popolazione tra i 15 e 64 anni, la popolazione in età lavorativa è diminuita più del totale degli occupati, quindi il tasso di occupazione è cresciuto, di conseguenza i 115 mila posti di lavoro in meno non sono il segno di un mercato del lavoro che soffre di crisi pandemica ma  per l’invecchiamento della popolazione, il rallentamento dei flussi migratori e il calo delle nascite.

L’occupazione giovanile, è al top da 10 anni per i 25-34 anni, ma nettamente inferiore alla media pre-2008 quando era al 70% ed è lontanissima dalla media europea, quel che è peggio la percentuale di giovani d’età compresa tra i 15 e 29 anni (NEET) non in istruzione, formazione o occupazione a fine 2019 era la più alta d’Europa (22%) come nel secondo trimestre del 2021 (23,4%), numeri lontanissimi dalla media europea che è rimasta stabile intorno al 13%.

Enormi sono i divari regionali,infatti, nel 2019 il tasso di occupazione tra le regioni italiane varia dal 70,4% dell’Emilia-Romagna al 41,1% della Sicilia.

Se ci confrontiamo con l’Europa, facciamo figure barbine infatti a fine 2020 il tasso d’occupazione dell’Italia era 58,1%, mentre il tasso tedesco era al 76,2% e la media europea era al 67,6%, differenza non spiegabile con la pandemia visto che nel 2019 il tasso di occupazione italiano era del 59%.

Nei prossimi anni la popolazione in età lavorativa diminuirà ancora generando squilibri nel sistema pensionistico, ammesso e non concesso che il governo possa incentivare il tasso di natalità, i risultati arriveranno solo nel lungo periodo, l’unica soluzione nel breve-medio termine,poco accettata da tanti pseudo patrioti, rimarrà consentire l’ingresso in Italia di lavoratori stranieri non comunitari.

Dai dati Istat si evince la fine dell’emergenza lavorativa generata dalla pandemia, adesso è arrivato il momento di guardare al di là dell’emergenza e focalizzarsi sulle debolezze strutturali del mercato del lavoro.

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