L’intervento/ Più pensionati che lavoratori, l’Inps rischia il rosso

Una volta erano le canzonette il tormentone estivo, quest’estate sono risuonati, come tormentone estivo le urla di dolore di esperti, politici e dirigenti tutti che causa carenze nascite e invecchiamento della popolazione si determinano nuovi squilibri delle pensioni, nel 2032 il rosso dell’Inps toccherà i 20 miliardi.

All’invecchiamento della popolazione e al calo demografico, si aggiungono anche lavoretti frammentati e discontinui, causa ed effetto di redditi e di contributi bassi, fattori che in modo combinato peseranno sulle pensioni future e potrebbero portare i conti dell’Inps in profondo rosso.

La previsione arriva dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Istituto –CIV-, dall’ Inps, e dall’Ocse.

Secondo OCSE l’Italia è maglia nera tra i Paesi membri per la scarsissima fecondità registrata negli ultimi anni con uno dei tassi più bassi (insieme alla Spagna), 1,2 figli per donna, superato in negativo dalla Corea che conta 0,7 figli per donna, una tendenza rischiosa, riscontrata in tutti i Paesi sviluppati, perché  mette in pericolo la prosperità delle generazioni future.

A livello nazionale emerge la crescente longevità dei cittadini italiani, nel 2050, gli over 65 rappresenteranno il 35% della popolazione il fatto che più di un italiano su tre sarà tra pochi decenni in età pensionabile non potrà che avere un effetto negativo sui conti pubblici e su quelli dell’Inps.

Longevità e bassa fecondità, provocano un’inversione nella piramide delle età, che riuscirà ad essere bilanciata o dall’aumento delle nascite o dai flussi migratori, il mancato riequilibrio fra le persone interessate o prossime al pensionamento, e quelle in ingresso nel mercato del lavoro.

Al momento il bilancio dell’Inps è in equilibrio, il grido d’allarme e che i conti potrebbero presto peggiorare, con una situazione patrimoniale che nel corso di 10 anni potrebbe girare in passivo, passando da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032, con i risultati d’esercizio negativi, che peggioreranno nel decennio da -3 miliardi a -20 miliardi.

L’Inps si è affrettato a rassicurare che i dati non sono numeri reali, ma valori previsionali già valutati e in linea con le previsioni macroeconomiche della programmazione di bilancio dello Stato.

Nessun allarme dunque per conti che sono in ordine e per un bilancio “ben governato”, anche se lo scenario prospettato “potrebbe prendere forma solo in assenza di efficaci politiche di contrasto.

Nel 2023 la spesa pensionistica è stata pari a 304 miliardi, con un incremento rispetto all’anno precedente del 7,4%, incremento determinato sostanzialmente dalla rivalutazione delle pensioni a fronte dell’impennata inflazionistica che si era registrata l’anno precedente.

Il rendiconto generale relativo all’anno 2023 rileva un ammontare delle entrate complessive pari a 536 miliardi di euro di cui 269 miliardi di entrate contributive (+5,1% sul 2022) e 164 miliardi di trasferimenti correnti dalla fiscalità generale (+3,3%).

Le uscite complessive ammontano a 524 miliardi, di cui 398 mld per prestazioni istituzionali (+4,55%). Il costo degli interventi sostenuti dai trasferimenti Gias (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) a consuntivo è cresciuto di 7,4 miliardi, in particolare per l’incremento delle uscite a favore dei percettori dell’Assegno unico universale, l’incremento dei trasferimenti per sgravi contributivi e l’incremento delle coperture degli oneri pensionistici della Ctps, la gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato.

Il saldo della gestione finanziaria di competenza ammonta a +12,18 miliardi, di cui 7,66 di parte corrente e 4,52 in conto capitale.

Dal Civ sono arrivati suggerimenti:

·        vanno considerate prioritarie politiche di sostegno allo sviluppo economico e produttivo del Paese, che possano incidere sulla “crescita della massa salariale e reddituale e del conseguente gettito contributivo”.

·        rafforzare le politiche del lavoro mirate a mettere in gioco “i bacini occupazionali ancora ampiamente sottoutilizzati”: le donne, i giovani, il meridione, “

·        attuare una attenta politica di gestione dei flussi migratori, che in questo contesto demografico possono rappresentare una risorsa importante.

·        salvaguardare la centralità del pilastro previdenziale pubblico, “pur integrato con quello complementare, che va esteso alle persone che possono averne più bisogno.

Personalmente ritengo che l’Inps non dovrebbe essere deputato alla gestione di Immobili acquisiti in momenti di Vacche grasse e diventati appannaggio di amici di amici, in molti casi tenuti in totale abbandono e inutilizzati.

Se a questo si aggiunge che c’è gente che ha beneficiato di pensione con un periodo lavorativo di quindici anni sei mesi e un giorno.

Inoltre sono anni che ripeto, inascoltato, che bisognerebbe dividere la Previdenza dall’assistenza il quadro è tracciato.

Ma loro sono loro e io non conto niente.

Alfredo Magnifico

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