In un lavoro che cambia in maniera vertiginosa, sempre più persone si sentono abbandonate e lasciate sole, con una legislazione protettiva azzerata si sente urgente l’esigenza di modernizzare il sistema di tutele per chi lavora.
Dapprima con il governo Renzi che spazzò via ogni tutela azzerando la dignità del lavoratore, successivamente la pandemia ha evidenziato come il rapporto tra lavoro e persona si basa sempre di più su nuovi parametri e bisogni, il radicale cambiamento del lavoro, destrutturato e con tutele azzerate, oggi più che mai in maniera pressante richiede strumenti nuovi di tutela e promozione, occorre colmare un vuoto e soddisfare un’esigenza sempre più sentita dalle parti sociali e da chi si occupa di lavoro.
Il lavoro, per ritornare centrale, deve tornare ad essere fonte di sicurezza sociale, al contrario l’insicurezza si diffonde sempre più nelle frequenti transizioni lavorative piuttosto che quando si è occupati in un lavoro stabile.
Tutta la legislazione sul lavoro e buona parte della contrattazione collettiva erano prodotte e basate su buone norme per chi lavorava ma nella disgregazione della certezza lavorativa, è nei cambiamenti che il lavoro sempre più si è arrovellato e le persone si sentono o sono lasciate sole.
Quando si cambia lavoro, in questo periodo succede sempre più spesso, si ha bisogno di formazione, si vuole passare dallo stage ad un lavoro vero ,mentre si sprofonda sempre di più nella più intollerabile delle precarietà con gravi discese nella scala sociale che genera e accresce le disuguaglianze.
Allo Statuto dei Lavoratori, nato per regolare diritti collettivi e individuali per il mentre si lavora, occorre dare il via in maniera urgente ad un negoziato per definire “uno Statuto”, che affermi, diritti individuali, esigibili, per ogni lavoratore indipendentemente dalla natura del rapporto di lavoro o dalla dimensione dell’impresa.
Da anni urlo in ogni occasione che stage, contratti di formazione, per evitare che rappresentino il lavoro sottopagato, vanno riorganizzati vietando per mansioni medio-basse, elevando fortemente i contenuti formativi.
Lo studente al termine del proprio percorso di qualificazione deve poter contare su un periodo di apprendistato che dopo 12 mesi di lavoro a termine, deve maturare il diritto, in caso di non conferma, ad essere informato per tempo e non all’ultimo giorno e di poter godere di un servizio di politica attiva, a carico dell’impresa, accompagnato da un voucher formativo che accresca le competenze necessarie.
Occorrono misure di welfare contrattuale che possono seguire le persone anche nei periodi di non lavoro e nei percorsi lavorativi discontinui
Ogni lavoratore deve poter avere accesso ad un pacchetto di formazione per le competenze digitali legate alla propria professione indipendentemente dai programmi formativi aziendali.
Ogni lavoratore italiano, soprattutto se ultra 50enne, deve aver diritto ad un bilancio di competenze che attesti quelle formali ed informali acquisite e proponga quelle da rafforzare a fronte delle trasformazioni professionali in corso.
Ogni lavoratore deve avere diritti di base in termini di tempo e sostegno al reddito se decide di affrontare mentre lavora periodi di studio o periodi di assistenza a genitori anziani o figli.
Ogni lavoratore che perde il posto deve avere diritto ad una presa in carico di servizi che ne garantiscano una ricollocazione equa.
L’Italia deve fare una scelta come la fecero i nostri padri; passare da un mercato del lavoro precario ad uno flessibile ma protetto con uno “Statuto” che risponda in via universale a questi bisogni.
Garantire ad ogni lavoratore il diritto a crescere professionalmente nelle transizioni non è solo un buon investimento in giustizia sociale, ma darebbe una grande spinta alla produttività dell’economia.
Questo è uno degli urgenti terreni di confronto per il rilancio delle relazioni industriali e per la capacità riformatrice dello Stato.
Alfredo Magnifico
Segretario Generale Confintesa Smart