Sono nato in un piccolo paese neanche mille anime, in anni che la vita si svolgeva praticamente nello stesso modo di come si era svolta per millenni ,una casa attaccata all’altra, a volte abitata in maniera promiscua con qualche animale, ma profondamente società e con l’affronto comune dei problemi.
Negli ultimi trent’anni il paese si è spopolato, sono fuggito anch’io, noto che è diventato sempre meno comunità e sempre più agglomerato sparso di persone, che vivono isolate, concentrate sui propri interessi, salvo poi chiedere aiuto quando la vita li espone ai rovesci dell’esistenza.
I politici Molisani come tutti i politici del Sud per decenni sono scappati dai problemi, anzi quasi sempre li hanno moltiplicati, ho la sensazione che abbiano sostituito se stessi alle vecchie baronie, acquisendone privilegi e difetti.
Ora è il momento che si accollino le responsabilità e non fuggano dalla sfida del rilancio del Mezzogiorno, anche se scappare è diventato lo sport preferito di questi tempi, che sia dall’Afghanistan o dalla tabaccheria, chi ha la responsabilità di portare avanti un impegno preso, se trova che le condizioni della fuga sono più vantaggiose, non ci pensa un attimo e fugge, chi ha preso l’occasione ed è andato via, ha premiato prima di tutto se stesso.
Siamo passati dai sacrifici e dalla vita costruita sui valori, all’egoismo più sfrenato con l’unico obiettivo il proprio tornaconto, sociale e personale, giustifica ogni posizione, ogni mutamento di pensiero, e non passa giorno che questa filosofia non trovi nuovi sacerdoti, stimolando la paura di non essere al centro dei propri pensieri.
La politica è stata pervasa da questo morbo, allenando i suoi esponenti a cambiare posizione, parlando alla pancia e seguendo ciò che più conviene sul piano elettorale.
La fuga lascia dietro di sé macerie morali e fisiche; ogni abbandono è utile nel breve periodo, perché ciò che non si risolve, ma si lascia alle spalle, riappare poi con forza maggiore, sono scappati dai problemi del Paese per decenni i politici, giocando a fuggire dai problemi e dalle soluzioni, timorosi di prendere impegni veri, pronti a promettere, senza avere però la sostanza, la forza per andare a fondo, questa insipienza ha svuotato il Mezzogiorno e lo ha relegato a problema invece che promuoverlo a risorsa e di questo abbandono si sono accorti in tanti che hanno deciso, a loro volta, di abbandonare il Mezzogiorno.
Lo spopolamento giovanile del sud, iniziato storicamente dopo l’unità d’Italia, ha numeri simili agli esodi dai posti afflitti da guerre che, abbandonati, diventano terre di migranti, come è accaduto per la Siria o per l’Afghanistan il ritiro di fatto dello Stato, con i suoi valori, provoca l’andar via di chi ha i mezzi culturali ed economici, la fuga diventa conseguenza necessaria, se fugge lo Stato, con i suoi valori e le sue promesse, fugge chi di quello Stato si sente parte.
Si punta ad incrementare il tasso di occupazione nel Mezzogiorno, anche ricorrendo a massicce assunzioni nel pubblico, per creare un argine alla fuga dalle responsabilità che ha pervaso per decenni le politiche del Sud del Paese.
La cultura del lavoro, prima di ogni altra cosa, è l’antidoto all’egoismo, perché crea condivisione ed identità ed affranca da politiche assistenziali.
Il lavoro non è solo fatica e sudore, è dignità e consapevolezza è autonomia del pensiero e dell’agire ,mio padre non ha mai chiesto ne ha avuto sussidi a-gratis si è sudato tutto spaccandosi la schiena ed è questa la lezione che come figli abbiamo seguito.
Offrire un supporto contro la povertà resta un obbligo nelle società moderne, così come resta un dovere trovare sbocchi nel lavoro per tanti che vivono anche in condizioni di disagio.
Lo svantaggio del Mezzogiorno rimane elevatissimo, nel 2020, il tasso di occupazione era del 48%, rispetto al 71,5% del Nord e al 67,4% del Centro, con una media dei paesi Ocse del 68%.
Offrire qualche euro in spesa assistenziale per tenere buono il Mezzogiorno, sarebbe la peggiore disfatta culturale, oltre che economica, di questa fase, il Mezzogiorno non ha bisogno di scappare con un biglietto vincente scippato dalle casse pubbliche, ma di creare le condizioni per lo sviluppo di un’etica del lavoro che sia argine alle fughe di competenze.
Il Presidente Draghi ha dato una lezione sull’Afghanistan proponendo una strada alternativa al disimpegno e alla fuga degli Stati Uniti, lo stesso sia fatto per il Sud, la capacità di restare e farsi valere, dovrà dimostrare di averla, con il suo Governo, sulla sfida per la crescita del Mezzogiorno. Come ogni evento dell’agire umano sono i leader a indicare la strada; se sarà quella della fuga o dell’ impegno lo sapremo a breve ,soprattutto da come si spenderanno le risorse del PNRR.
Alfredo Magnifico