Recessione, Guerra e tensioni internazionali sono una miscela esplosiva per far rallentare la produzione e l’esportazione di quell’industria, che rappresenta la parte nobile ed efficiente del nostro sistema economico-produttivo.
Aumentare la produttività nel settore del terziario e servizi può essere di grande aiuto per l’economia italiana e per le probabilità di aumentare l’occupazione.
Produzione, produttività e innovazione tecnologica dovrebbero essere la spinta propulsiva di traino nei comparti dei servizi, della transizione digitale e ambientale per l’attuazione del Pnrr.
Prima della guerra Ucraina questi comparti produttivi prevedevano una crescita del valore aggiunto intorno al 40%, con un’a prospettiva occupazionale intorno al milione di unità per i prossimi 5 anni previsti per attuare il Pnrr, circa 700mila avrebbero dovuto sostituire i pensionandi. (Dati INPS-Ministero del Lavoro).
3 milioni di nuovi occupati, due terzi per sostituire i pensionandi erano indirizzati sulla crescita del settore dei servizi; sanità, assistenza e formazione, circa 770 mila assunzioni indirizzate ad occupare posti nella Pubblica amministrazione.
Purtroppo tutte queste previsioni di belle aspettative, potrebbero finire a carte quarantotto e ridimensionate a causa deli sacrifici che i nostri governanti ci chiameranno a fare per i riflessi negativi a causa della compressione degli interscambi internazionali e dell’impatto sui consumi legato all’inflazione e alla riduzione del clima di fiducia dei consumatori.
I margini delle aziende esportatrici si riducono mentre assume rilevanza il comparto dei servizi, al momento sottodimensionato rispetto ai Paesi sviluppati e aderenti all’Ue, che può sostituire parzialmente la crisi, e realizzare un piccolo rilancio, se si superano i fattori negativi che hanno condizionato lo sviluppo del terziario italiano, dalla riduzione del tasso di investimenti e alla produttività dei fattori, grazie al capitale investito, negli anni 2000.
La redditività dei servizi, ad esclusione dei comparti; finanziari, assicurativi, telecomunicazioni e trasporti, rimane condizionata dalla compressione dei costi del personale.
Il comparto dei servizi è condizionata da una grossa piaga, l’80% del lavoro è sommerso, infatti l’Istat lo stima in 3,5 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, che si concentra nei servizi e in particolare quelli rivolti a persone e famiglie, la causa del ritardo; mancata riforma del welfare, che hanno penalizzato investimenti e prestazioni nei servizi di conciliazione vita-lavoro non si è fatto niente per; sostegno alla natalità, sviluppo dei servizi sanitari- assistenziali e per l’istruzione, che ha causato una non favorita occupazione femminile e un alto abbandono dal lavoro, mentre è lì che a livello europeo si registra la più elevata occupazione femminile e giovanile.
Il lavoro sommerso in agricoltura e costruzioni, è una componente della formazione di prezzi e sostenibilità dei redditi sul piano di introiti non dichiarati al fisco e di sconti su acquisti di beni e servizi, con sotto remunerazione dei lavoratori, per lo più, immigrati chiamati a svolgere lavori ingrati, inaccettabili e a nero, rese redditizie, ai mercati del lavoro paralleli, alle attività sommerse e a un’elevata flessibilità del lavoro e con alta stagionalità.
Questo deficit può essere bloccato con l’evoluzione delle organizzazioni del lavoro caratterizzate da un ampio utilizzo delle tecnologie digitali, da un forte aumento della produttività e da un miglioramento delle condizioni salariali.
Se avessimo una politica seria e imprenditori illuminati, domiciliarizzazione, accedere a servizi e forniture, aumentare le economie di scala e ingrandire le imprese erogatrici, potrebbe contenere i prezzi, migliorare le prestazioni lavorative, prolungare la durata dei rapporti di lavoro e alzare i salari.
Alfredo Magnifico